SANITà

Il testamento biologico in cartella clinica

Finora sei malati di Sla hanno affidato le loro volontà all’azienda sanitaria, ma il registro (istituito in marzo) è aperto a tutti


di Andrea Selva


TRENTO. Sono sei malati di Sla i primi pazienti che hanno affidato le proprie volontà all’azienda sanitaria della provincia di Trento per decidere - in piena autonomia - quali terapie adottare e quali scelte prendere quando non saranno più in grado di esprimere la loro volontà. Si tratta di una procedura partita in via sperimentale nel marzo scorso che gli addetti ai lavori chiamano Dat, cioè “direttive anticipate di trattamento”. E’ insomma un’evoluzione di quel testamento biologico che anche alcuni Comuni trentini avevano provato ad avviare nei propri uffici e che non è mai decollato. Questo sistema invece - pur non vincolante per i medici - funzionerà. All’azienda sanitaria ne sono certi, tanto che la scheda personale dei pazienti è stata inserita nel Sistema informativo ospedaliero, disponibile per tutti gli operatori della sanità trentina (compresi i medici di emergenza) che hanno accesso alla banca dati. Per i pazienti che sono già in difficoltà nell’esprimere le proprie volontà è considerata valida anche la semplice comunicazione verbale. E l’obiettivo è quello di allargare il testamento biologico anche ai pazienti sani, che potranno in futuro affidarsi ai medici di base per compilare la scheda che sarà conservata dall’azienda sanitaria.

L’applicazione delle “direttive di trattamento” è avvenuta su indicazione della giunta provinciale che ha dato disposizione all’azienda sanitaria (attraverso il comitato etico e in seguito con la costituzione di un gruppo di lavoro) di registrare le volontà delle persone che - in seguito a malattia - potrebbero non essere più in grado in futuro di esprimere la propria volontà. Il risultato di tre anni di lavoro è stato presentato ieri mattina a Trento dal dottor Edoardo Geat, responsabile del reparto di anestesia e rianimazione al convegno intitolato “Dichiarazioni anticipate di volontà nei trattamenti sanitari” organizzato dall’Azienda sanitaria per fare il punto della situazione.

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Va detto che - in un terreno caratterizzato, per ora, da un vuoto legislativo statale - queste dichiarazioni non saranno vincolanti. Ma - come è emerso nel corso del convegno - quale sarà il medico che non terrà conto di una volontà dettata da un paziente informato, con l’aiuto degli operatori sanitari, per decidere il proprio destino? Altra precisazione: qui non si tratta di voler morire, ma di accettare (o meno) la respirazione o la nutrizione artificiale (solo per fare due esempi). Ma anche di scegliere l’ospedalizzazione oppure il trasferimento a casa, per morire tra i propri casi. Scelte talvolta laceranti che - nell’impossibilità di condividerle con il diretto interessato - vengono prese dai coniugi, dai figli o da altri familiari che - anche questo è emerso dal convegno - ritengono che si tratti di decisioni da prendere in famiglia mentre - anche questo è emerso - i medici ritengono che si tratti di scelte che il diretto interessato ha il diritto di registrare in piena autonomia.

Finora nella banca dati dell’azienda sanitaria sono registrate le volontà di sei malati di Sla, ma l’obiettivo dell’azienda (dichiarato ieri dal neo assessore Luca Zeni) è di spingere su questo versante, con il coinvolgimento dei medici di base.













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