Il ministro Poletti: "Il Progettone può diventare ponte da un lavoro a un altro"
Alla festa per i 25 anni del Progettone anche il presidente dell'Inps Boeri: "Lavori socialmente utili, Trentino laboratorio"
TRENTO. Un ruolo nuovo per il Progettone, strumento per i lavori socialmente utili, è stato propsettato dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. «Il Progettone ha portato tante persone alla pensione, ma probabilmente la sua missione non potrà essere sempre questa, ma un ponte da un lavoro a un altro. Avete fatto cose molto belle, ma giustamente vi interrogate sul fatto se va bene, se si deve cambiare», ha detto Poletti, a Trento per un convegno sui venticinque anni dall'introduzione del Progettone come strumento di lavoro socialmente utile.
«Dobbiamo costruirci l'idea - ha proseguito il ministro - di essere capaci di gestire il cambiamento e, laddove possibile, di provocarlo. Bisogna smettere di pensare alle cose in termini di emergenza. Quando c'è un problema nel nostro Paese si parla di emergenza: sarà bene invece iniziare a pensare i cambiamenti in termini normali, come il modo di essere della nostra vita».
«Il Progettone - ha aggiunto Poletti - serve a combattere la condanna peggiore, che nessun magistrato può infliggere, cioè l'idea di essere inutile a sé e agli altri. Credo che questo sia l'elemento fondamentale che stiamo cercando di mettere dentro le nostre politiche: la partecipazione attiva di ogni cittadino. Veniamo da una storia, di cui il Trentino è una felice eccezione, nella quale si vede la società costituita da due pilastri: Stato e mercato. Ma prima di Stato e mercato arrivano uomini e donne, che costituiscono la comunità, stanno insieme. Il Progettone non dice "ti assisto", ma "sei parte importante della comunità, che contribuisci a costruire", dice che il pubblico è capace di coagire con la comunità, con tante attività. Credo sia una grande idea. Ci sono condizioni specifiche del Trentino, ma non significa non si possano raccogliere delle sollecitazioni per trasferire il modello altrove. Questo impianto deve essere sostenuto da imprese, pubblico e cittadini. Servono risorse e poi bisogna aggiornarlo sistematicamente. E ciò si collega al tema di tutte transizioni. Le crisi aziendali ci saranno sempre e bisogna essere capaci di gestire cambiamenti».
«Il nostro Paese - ha concluso il ministro sul tema - i Lsu li ha costruiti in tante realtà, ma altrove per i ragazzi di vent'anni, ma credo sia stupidaggine fuori misura. Bisogna aiutare chi è verso la fine dell'esperienza lavorativa a ridurre i tempi lavoro, e i giovani invece aiutarli a costruirsi un mestiere».
Di Trentino come laboratorio per i lavori socialmente utili ha parlato il presidente dell'Inps, Tito Boeri. «Ci sarebbe un altro terreno su cui il Trentino potrebbe diventare terreno di sperimentazione, ovvero un'unificazione, un rapporto più stretto tra le cosiddette politiche passive e politiche attive del lavoro».
«Questo rapporto tra le cosiddette politiche passive e politiche attive del lavoro ci dev'essere, dev'esssere strettissimo - ha sottolineato Boeri - perché serve dare sostegno al reddito a chi ha perso il lavoro e di pari passo aiutare nel reinserimento occupazionale. Nei Paesi dove si spende di più per il sostegno ai disoccupati, si hanno anche più politiche attive per il lavoro. L'interazione stretta tra l'ente erogatore, l'Inps, e chi aiuta nella ricerca del lavoro, cioè l'Agenzia del lavoro, è fondamentale. Le banche dati dell'Inps possono sgravare l'ente pubblico da una parte importante di lavoro burocratico»
. «I venticinque anni del Progettone - ha detto Boeri a proposito invece del periodo già trascorso di applicazione di questa misura - sono davvero tanti, in un Paese in cui gli strumenti di sostegno al reddito vengono introdotti con nuovi nomi e fantasiosi acronimi, poi magari resistono lo spazio di un mattino, il tempo di passare da una finanziaria a un'altra, come si diceva una volta, da una legge di stabilità a un'altra, come si dice adesso».