«Grisenti? Pensavamo a un'assoluzione»

La sorpresa di Fravezzi e Panizza. Savoi (Lega): è la prova della «magnadora»



TRENTO. La notizia arriva a palazzo proprio durante una riunione della maggioranza provinciale sul bilancio. E lascia tutti di sasso. Ora in pochi lo ammettono, ma dal verdetto d'appello assessori e consiglieri si attendevano, come spesso accade, una riduzione della già mite condanna di primo grado nei confronti di Grisenti, se non addirittura la sua cancellazione. Invece è andata diversamente. E al tavolo della riunione, dove si susseguivano gli sms con la notizia, nessuno ne ha fatto cenno.

Meraviglia, stupore e dispiacere «dal punto di vista umano»: Vittorio Fravezzi, uno dei coordinatori dell'Upt, è tra coloro che si aspettavano una sentenza di assoluzione. «È un esito molto pesante di fronte al quale non si può che esprimere solidarietà umana - afferma in una pausa della riunione - le sentenze vanno rispettate e la magistratura fa il suo dovere, ma posso dire che è un verdetto totalmente inatteso. Forse lo capiremo meglio di qui a qualche settimana, quando conosceremo le motivazioni».

Ma che un ritorno di Grisenti nell'arena politica sia ora escluso, a caldo Fravezzi non se la sente di ammetterlo: «Saranno riflessioni che si faranno con la dovuta serenità, si tratta di valutazioni di opportunità propria e di politica complessiva che non vanno fatte così, su due piedi». E il gran lavorìo degli ultimi mesi di Grisenti sul territorio, ora che fine farà? «Un partito è fatto di tante persone autorevoli, è importante che ognuno si impegni per rafforzare il progetto. Detto questo, l'Upt va avanti per la sua strada: ci aspettano sfide importanti, dobbiamo organizzarci per le scadenze del 2013, quando si voterà sia a livello nazionale che per la Provincia».

Sempre che per il Parlamento non si voti già nel 2012. Il che, nel caso di una candidatura del governatore Dellai (e di sue dimissioni dalla presidenza della Provincia), aprirebbe nuovi scenari, con un voto anticipato anche per il consiglio provinciale rispetto alla scadenza naturale dell'autunno 2013.

Sul fronte Pd, registrato il laconico «non ho alcun commento da fare» del segretario Michele Nicoletti, il capogruppo provinciale Luca Zeni parla invece come Fravezzi di «dispiacere dal punto di vista umano, ma politicamente il nostro giudizio non cambia, perché il Pd si è sempre comportato con un metodo diverso nei rapporti politici, in un'ottica di trasparenza».

Durissimo invece Alessandro Savoi, capogruppo della Lega Nord in consiglio provinciale: «Grisenti ora è politicamente finito e questa sentenza prova che la "magnadora" esiste davvero e che in Trentino esiste un sistema mafioso».

Sorpreso dalla sentenza della Corte d'appello anche l'assessore provinciale alla cultura Franco Panizza: «Mi stupisce alla luce delle motivazioni della prima condanna, che erano obiettivamente leggere: pensavo si andasse a un'assoluzione, e come me lo pensavano un po' tutti. Se poi sono emersi nuovi fatti, tali da far giungere a una condanna così pesante, questo dal punto di vista giudiziario non sono in grado di dirlo».

Sulle conseguenze più strettamente politiche di questa sentenza, Panizza misura le parole: «È chiaro che se Grisenti fosse stato assolto per lui sarebbe stato più facile tornare a proporsi all'elettorato, come peraltro aveva intenzione di fare: lo aveva detto e, in queste settimane, lo abbiamo "sentito" sul territorio, non è un segreto. Ora però questa sentenza mette in difficoltà in primo luogo il suo partito. Per quanto riguarda noi autonomisti, il nostro giudizio verso Grisenti è sempre uguale: non abbiamo mai né infierito né voluto dare giudizi».

«Le sentenze non si commentano, si rispettano - afferma invece in una nota Giovanna Giugni, consigliere comunale a Trento dell'Italia dei valori - la condanna di Silvano Grisenti indica che l'isola felice non c'è. La corruzione, purtroppo, esiste anche in Trentino e, come ha detto Piercamillo Davigo a Trento sabato scorso, la corruzione si scopre più facilmente (e quindi si punisce più facilmente) in tempi di crisi. Proprio in tempi di crisi, poi, è molto più difficile giustificare chi, a fronte di uno status importante e ben remunerato, ha fatto un cattivo uso della fiducia dei cittadini e del ruolo che la politica gli aveva affidato».













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