Governativi e critici, le due anime Pd alla prova dell’unità
Olivi e Borgonovo Re, due leader? Gilmozzi: «Sì, ma solo se sapranno lavorare insieme». Pinter: serve un Pd d’attacco
TRENTO. La sfida la lancia il coordinatore del Pd Italo Gilmozzi, chiamato all’inizio della campagna elettorale a «salvare» un partito sull’orlo di una crisi di nervi: «Olivi, Borgonovo Re, Dorigatti, Zeni. Abbiamo grandi personalità che possono dare tanto al Partito democratico. Dimostreranno di essere veri leader se sapranno parlarsi tra loro e lavorare insieme, se sapranno essere qualcosa in più di ottime macchine da voti». Compito evidentemente non facile, se a dirlo è il coordinatore del partito. «Nel recente passato - dice Gilmozzi - non ci si è parlati, nicolettiani da una parte, pacheriani e pinteriani dall’altra. Io questo ho cercato di fare in questo mese, ho fatto parlare le persone tra loro. E continuerò su questa strada, anche in vista del congresso». Gilmozzi parla il giorno dopo la vittoria del centrosinistra autonomista nel quale il Pd si è confermato primo partito con il 22%. Una conferma non scontata, i dirigenti democratici lo sanno bene: nell’elettorato pesano le delusioni per il governo di larghe intese con Berlusconi e quelle locali, con la sconfitta alle primarie e le lacerazioni interne. Eppure il partito ha tenuto ed esce da questo voto con una doppia affermazione: quella di Alessandro Olivi, assessore uscente e capolista, recordman di preferenze (13647) che diventerà il vice di Ugo Rossi in giunta provinciale, e quella di Donata Borgonovo Re, capace di conquistare 10453 voti personali pur senza avere incarichi politici, anche lei in pole per un assessorato. Due nomi che ben rappresentano le due anime che si sono confrontate in questi anni dentro il Pd: l’ala più governativa, di Pacher e Olivi appunto, e quella più critica con il sistema dellaiano e con lo stessa azione della giunta. Un rapporto conflittuale, culminato nello scontro sulle primarie (Borgonovo Re e Luca Zeni avrebbero voluto primarie aperte per correre per la presidenza della Provincia) e poi sulla scelta del capolista con un durissimo scontro tra Zeni e Olivi.
La campagna elettorale ha in parte costretto a congelare la frattura e l’arrivo di Gilmozzi, con il suo stile pratico e anche un po’ cameratesco (distante anni luce da quello di Michele Nicoletti) ha contribuito a creare uno spirito di squadra di cui si sentiva il bisogno. Il risultato elettorale ora pone i vincitori, in primis i big delle preferenze, di fronte a una sfida di responsabilità, che potrebbero trovarsi a condividere fianco a fianco nella nuova giunta Rossi. Roberto Pinter, presidente del partito, ne è convinto: «Si apre una nuova stagione, di squadra. Per le scelte e le riforme che la giunta sarà chiamata a fare, avrà bisogno di avere alle spalle partiti forti. E se nel passato il Pd ha subito l’egemonia di Dellai, ricavandosi semmai un ruolo di cane da guardia con le barricate in consiglio, oggi dovrà essere protagonista dall’inizio e fino in fondo. Dovrà andare all’attacco con le sue proposte, senza paura, dalla sanità al welfare, dalle Comunità di valle alle grandi opere». Per questo, avverte Pinter, serve impostare un metodo nuovo: «Basta correre dietro a scelte già fatte dall’esecutivo e mal digerite dal consiglio, com’è avvenuto in passato. L’eliminazione della porta girevole, con gli assessori che continueranno a far parte del consiglio, in questo può aiutare, perché obbligherà tutti a fare più squadra». Niente smarcamenti, dunque, ma un confronto interno aperto, duro se necessario, che porti a una condivisione dei provvedimenti. Le prossime settimane, con l’avvio dell’esecutivo, diranno se il Pd trentino saprà vincere la scommessa. I rischi sono in agguato, il congresso - quello nazionale prima, quello provinciale a febbraio - porterà con sè nuove fibrillazioni. E nuove sfide.
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