Forza Nuova difende Serafini: «Kyenge se ne stia in Congo»

Nuova presa di posizione dopo il licenziamento dell’autista di Trentino Trasporti: «Dire a uno del Congo di tornare nella giungla è come dire a un trentino di tornarsene sulle montagne»



TRENTO. «Dire a uno del Congo di tornare nella giungla è come dire a un trentino di tornarsene sulle montagne». Così l'esponente trentino di Forza Nuova Federico Cristina ha difeso l'affermazione che nell'ottobre scorso costò il posto di lavoro ad un consigliere circoscrizionale di Trento Paolo Serafini, che sul proprio profilo di un social network scrisse : «Torni nella giungla», rivolto al ministro Cecile Kyenge. Il portavoce di Forza Nuova ha parlato in una conferenza stampa a Trento, alla presenza anche del referente del partito Gregorio Tramontana, esprimendo solidarietà verso Serafini, che nei giorni scorsi aveva spiegato attraverso i mezzi d'informazione di essere finito in miseria, dopo avere perso il lavoro. Il portavoce di Forza Nuova ha aggiunto: «Kyenge dovrebbe stare in Congo e darsi da fare per il suo Paese, dove ci sono giungle, stupri, rapine, persecuzioni di cristiani. Ognuno deve stare a casa propria. E il ministero dell'integrazione non dovrebbe esistere, perché l'integrazione non è possibile, per questioni religiose e per la presenza di vari estremismi. »Trentino Trasporti - ha aggiunto a proposito del licenziamento - l'ha mandato via solo perché Kyenge è di colore, perché non sarebbe accaduto se avesse preso in giro Brunetta per la sua statura».

Anche Fratelli d'Italia si schiera con Serafini. A confidare in un reintegro al lavoro di Paolo Serafini, il consigliere circoscrizionale di Trento licenziato dopo insulti al ministro Kyenge da un social network, è anche Fratelli d'Italia di Trento, come ha spiegato oggi l'esponente Marika Poletti, in una conferenza stampa con Forza Nuova. Per Serafini, che ha in corso anche un procedimento penale per apologia al fascismo e istigazione al razzismo, Poletti ha affermato: «Quella di Serafini è stata una sciocchezza scritta, ma è grave che chiunque esca dal politicamente corretto possa essere distrutto in questo modo, al di là della vicenda specifica. Ancora più grave è che a ergersi a censore siano i giornali, che in questo caso hanno solo riportato i pensieri di una serie di politici che si sono stracciati le vesti, ma che potrebbero in altri anche fare terrorismo mediatico, e la Provincia autonoma di Trento. La stessa Provincia autonoma che ha al suo interno, ad esempio, un funzionario condannato per falso in atto pubblico, diventato dirigente generale, un funzionario condannato per molestie sessuali nei confronti di nove colleghe, un funzionario e un sottoposto condannati per frode in forniture che hanno avuto solo quattro giorni di sospensione». Serafini intanto alla conferenza stampa non si è presentato, ringraziando per la solidarietà, ma spiegando anche di ritenerlo inopportuno, viste le pendenze giudiziarie civili e penali a suo carico ancora da risolvere.

La risposta dell'assessore Gilmozzi. «Non si butti in politica una vicenda che è giusto rimanga nel contesto del contratto di lavoro tra un soggetto e la propria azienda». Ad affermarlo è l'assessore provinciale trentino ai Trasporti, Mauro Gilmozzi, a proposito del licenziamento del consigliere circoscrizionale di Trento, Paolo Serafini, licenziato dall'azienda locale di Trasporti, Trentino trasporti esercizio (Tte), dopo avere scritto su di un social network 'torni nella giunglà, rivolto al ministro Cecile Kyenge. Fatto per cui, il licenziamento, Forza Nuova e Fratelli d'Italia del Trentino hanno espresso solidarietà. In una nota Gilmozzi ricorda come «la scelta di Tte di adottare la sentenza disciplinare del licenziamento derivi non solo dal fatto - già grave - di avere espresso opinioni offensive verso cariche istituzionali dello Stato, ma anche per averle espresse attraverso un social network - il cosiddetto gruppo 'Salviamo il pubblico trasporto locale trentinò -, sulla cui pagina principale si trovavano la scritta 'Trentino trasporti eserciziò e le immagini di autobus proprie del sito internet aziendale. L'accostamento al logo aziendale delle opinioni espresse in qualità di autista di Tte poteva associare queste affermazioni alla società stessa, senza poi considerare che nel ruolo di incaricato di pubblico servizio la connotazione razziale entra in conflitto con la dovuta imparzialità nei confronti di tutta l'utenza». «Sta di fatto che quel comportamento - ha spiegato Gilmozzi - ha violato, secondo Tte, due punti precisi di un articolo del R.D. 148/1931, che prevedono la destituzione dal servizio. Peraltro si fa infine notare come tutta la vicenda attenga al rapporto tra una società e un dipendente: rapporto regolato con puntualità da un contratto, da regole di disciplina e di trasparenza (anche per quel che riguarda la salvaguardia dei diritti del lavoratore) e da modalità proprie - nel contenzioso legale nonché giudiziario, tuttora in corso - che riguardano appunto questa sfera».













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