Forno crematorio, scatta il ricorso

Sette residenti in via Taramelli contro il Comune: è un'opera illegittima


Luca Marognoli


TRENTO. La realizzazione del forno crematorio all'interno del cimitero monumentale è sette volte illegittima. Tanti sono i motivi addotti nel ricorso presentato al Tar lunedì dall'avvocato Nicola Giuliano, assieme al collega Gianpiero Luongo, in rappresentanza di sette residenti in via Taramelli.

«Ci sono diversi profili: un problema di conformità urbanistica, uno legato a norme sanitarie e un altro al mancato coordinamento con altri comuni, che era stato oggetto di dibattito politico ma è anche imposto da norma di legge», spiega Giuliano, precisando di non voler confondere il suo ruolo di legale con quello di capogruppo del Pdl (partito favorevole all'impianto ma propenso ad una sua collocazione in altri comuni).

E ora cosa succederà? «Non ci sono istanze di sospensiva, ma il ricorso dovrebbe essere discusso in primo grado prima che inizi la costruzione», continua Giuliano. «Tra le esumazioni nei campi 9 e 10, che saranno eliminati, la progettazione e l'appalto, passerà qualche anno».

I ricorrenti sono Francesco Maiocchi, Valeria Dalcolmo, Maurizio Tabarelli de Fatis, Alessandra Turconi, Franca Cristoforetti, Maria Carla Bortiolotti e Renato Benedetti. L'azione legale è rivolta contro il Comune di Trento e nei confronti di Provincia, Comune di Pergine, Socrem e Ofat.

Entrando nel campo del diritto, è il profilo urbanistico quello più articolato. Viene osservato, anzitutto, che l'area è densamente popolata, a ridosso del centro, della futura biblioteca di Botta e del nuovo quartiere delle Albere. La scelta di localizzare la struttura all'interno della città - si legge - «appare francamente irragionevole e scriteriata se si considera che in nessuno studio pianificatorio a livello comunale, e finanche provinciale, è mai stato affrontato ed esaminato l'inserimento e la previsione di un forno crematorio (con ogni correlativa opera di urbanizzazione) all'interno del centro abitato», tranne nella variante 2003 dalla quale l'opera fu poi stralciata.

C'è, secondo i legali, un evidente difetto di conformità urbanistica, legato al fatto che il forno sarebbe «assimilabile ad un impianto di smaltimento dei rifiuti urbani e speciali», ma non esistono studi di valutazione sull'impatto che esso avrebbe sulla salute. E, ancora, un profilo procedimentale, in quanto la delibera assunta in un'unica seduta non ha dato la possibilità ai cittadini di presentare osservazioni. Quanto all'intenzione di farne una struttura a carattere provinciale, mancherebbe il necessario piano di coordinamento a livello comunale. Tra gli altri motivi alla base del ricorso, il divieto di dispersione delle ceneri all'interno dei centri abitati e il vincolo monumentale relativo ai due campi di inumazione da eliminare per fare posto al forno.

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