Filmfestival, trionfa il russo Kossakowski
La Genziana d’oro al film «Vivan las antipodas». Premiati anche Carrari, Chaud, Kollmann e Meier
TRENTO. Dall’Argentina alla Cina con paesaggi mozzafiato, nella loro diversità, raccontati attraverso quattro coppie che ci vivono: è «Vivan las antipodas», il film vincitore del TrentoFilmfestival, la più antica rassegna del film di montagna. Del regista russo Victor Kossakowski, fuori concorso a Venezia nell’ultimo festival, ha ottenuto il Gran premio Città di Trento-Genziana d’oro, quale «film documentario indimenticabile omaggio alla Madre Terra nella sua diversità, maestosità e antichità». Deciso a trascinare lo spettatore in una dimensione onirica, cita «Alice nel paese delle meraviglie» di Lewis Carrol per guidare in un viaggio da Entre Rios in Argentina alla cinese Shanghai. Ma per la via più breve: passando per il centro della Terra.
Il Premio del Club alpino italiano-Genziana d’oro al miglior film di alpinismo o montagna in questa 60/a edizione della rassegna è andato a una pellicola di puro free climbing, «Vertical Demode», dell’italiano Davide Carrari, opera profondamente legata alle Dolomiti.
Il Premio Città di Bolzano-Genziana d’oro al miglior film di esplorazione o avventura è stato assegnato invece alla sensibilità di «La nuit nomade» della francese Marianne Chaud. I nomadi sono quelli tibetani di Ladakh, nella loro vana battaglia a difesa della vita e della cultura sull’altipiano.
È stata poi la storia di Zsolt Eross, della sua rinascita in seguito alla perdita di una gamba e del suo ritorno sull’Himalaya per scalare per la nona volta un ottomila metri ad aggiudicarsi il Premio della giuria, con «Strong a recovery story», di Andras Kollmann.
È andato infine a «L’engant d’en haut (sister)» di Ursula Meier il Premio Luciano Emmer del sindacato nazionale dei giornalisti cinematografici italiani. Il film esplora gli squilibri e le contraddizioni nascoste nel mondo dorato di una stazione sciistica di lusso e nasce dal ricordo della regista di un coetaneo dodicenne conosciuto in Svizzera nel massiccio del Giura, che i genitori le imponevano di evitare, perché considerato un ladruncolo.