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Equitalia “cancella” 49 anni di lavoro

Flavia Degasperi si è vista notificare la cartella esattoriale e in 3 minuti ha deciso di chiudere il suo negozio da parrucchiera


di Daniele Peretti


TRENTO. Tre ore per decidere di interrompere quarantanove anni di attività. E' questo il tempo impiegato da Flavia Degasperi per decidere di mettere fine alla propria attività. Ed è per questo che la si può considerare un’altra “vittima” di Equitalia a tutti gli effetti: «O meglio degli studi di settore – sottolinea l’ormai ex parrucchiera – che sono la causa di tanti problemi. Equitalia, in realtà, ne è l’effetto».

Cosa è successo, nel dettaglio, lo racconta direttamente la signora Flavia: «Accade che i parametri non sono per nulla flessibili. Lo Stato stabilisce quanto devi guadagnare e verifica la denuncia dei redditi per poi intervenire. Nessuna considerazione dell’ormai perdurante stato di crisi che ha diminuito il lavoro e di come abbia avuto due dipendenti in maternità, la cui assenza ha influito sul fatturato. Io sono in età da pensione e invece che starmene tranquilla in piazza Duomo seduta su una panchina a godermela, ho preferito continuare a lavorare. Ma, logicamente, da sola non potevo fare più di tanto».

La storia professionale di Flavia parte in via dei Mille «al numero due» ricorda ancora, dove ha lavorato per tanti anni. «Lì ho dovuto lasciare a causa del riscaldamento: per il gasolio e il cherosene non si trovava un accordo e allora ho preso al volo l’occasione ce mi si è presentata del salone di via Vittorio Veneto». Che era un altro storico negozio da parrucchiera: «Era gestito da quella che allora in zona tutti conoscevano come Anna, che poi era il suo vero nome. Lei, in quel periodo, decise di lasciare l’attività e così subentrai io con tanta convinzione e tanta voglia di fare».

Un periodo splendido che Flavia ricorda con grande nostalgia. «Sono stati anni molto belli. In tutto ho avuto 22 dipendenti, mai un problema e anzi ho sempre lasciato a tutti ampio spazio e libertà d’iniziativa. E infatti, quelle che se ne sono andate, negli anni, lo hanno fatto solo per mettersi in proprio o dopo la maternità».

Poi, dopo 49 anni, l'attività va in corto circuito e tutto in poco tempo collassa. «Ricordo ancora: era mezzogiorno e mi vedo arrivare la notifica di Equitalia. L’ho letta, sono andata a casa e in tre ore ho deciso che di soldi allo Stato ne avevo dati abbastanza in quasi 50 anni di attività. Insomma era giunto il momento di chiudere». Il dado era tratto ma dal punto di vista pratico mancavano tutte le procedure amministrative: «Era metà settimana quando avevo ricevuto la notifica. Ho aspettato che arrivasse il sabato quando ho anticipato di poco la chiusura per parlare con le mie dipendenti». Ed è stato quello il momento più duro di tutta questa amara vicenda: «Ho detto che ero costretta a licenziarle. La più giovane ha pensato che toccasse solo a lei, tanto che ho dovuto precisare che la decisione riguardava tutte e due le ragazze. Le ho messo in mano la lettera e le ho detto che per me era durissimo compiere quell’atto e che da giorni lavoravo con gli occhi umidi. Loro mi hanno risposto che se n’erano accorte ma pensavano che avessi altri problemi. Hanno capito la situazione e ci siamo lasciate bene».

E i clienti? «Non me la sono sentita. Ho messo in vetrina il cartello che è ancora lì e ho risposto alle loro telefonate: era il 30 giugno. Ora c’è molta nostalgia. Era la mia vita e con le clienti c'era un rapporto umano: ci si aiutava e si cercava di venirsi incontro. Sarebbe stato bello andare avanti ancora e questa occasione che mi dà il Trentino per spiegarmi serve anche a salutarle tutte di cuore: grazie per tutti questi anni. Ma, magone a parte , vorrei dire che lo Stato avrà quello che alla fine voleva, ma con la responsabilità di aver creato due disoccupati in più in una Italia nella quale chi lavora, è ormai la minoranza».













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