Epatite A, aumento anomalo dei casi
Nelle ultime settimane sono stati registrati 17 episodi riguardanti persone che sono state all’estero
TRENTO. Un numero sopra la media. Sono 17 i casi di epatite A che si sono registrati in tutto il Trentino nelle ultime settimane. Tecnicamente si può parlare di una vera e propria epidemia – trattandosi di un numero insolito e inaspettato – ma, per fortuna, non si sono, al momento, verificate trasmissioni da persona a persona (casi secondari). L’epidemia infettiva è circoscritta a casi singoli, sporadici e isolati (provenienti da Comuni diversi) e ha colpito persone che non sono mai state in contatto tra loro. Ma soprattutto si tratta di uomini e donne che né sono state recentemente all’estero in Paesi in cui le condizioni igieniche degli alimenti sono precarie (le aree endemiche in cui è maggiormente diffuso il virus dell’epatite A sono l’Africa, il sud-est asiatico e l’America del sud) né hanno consumato pesce crudo. Due situazioni che spesso causano la contrazione dell’epatite A che avviene principalmente per trasmissione oro-fecale attraverso l’ingestione di cibi crudi o poco cotti (frutti di mare) o anche tramite acqua contaminata (cattivo stato di acquedotti e fognature). Sulle cause di questi casi anomali trentini sta indagando il dipartimento di Igiene e Sanità pubblica dell’Apss. Il direttore Valter Carraro sta personalmente lavorando attraverso numerosi accertamenti tramite interviste. E non è detto che a breve si riesca a identificare la causa principale dell’epidemia. «In effetti, dall’inizio dell’anno abbiamo registrato un aumento di casi di epatite A – spiega Carraro -; solitamente in Trentino vi sono pochissimi casi all’anno ma dallo scorso gennaio attraverso le notifiche ci è pervenuto un numero insolito di persone che hanno contratto l’epatite A. Sono 17 i casi attualmente certificati. La malattia ha un periodo lungo di incubazione (il tempo che passa dall’esposizione all’agente infettivo allo sviluppo della patologia, che può variare da 15 fino a un massimo di 50 giorni n.d.r.) e difficilmente, una volta che le persone si sono ammalate, ricordano cosa hanno mangiato esattamente un mese prima. Perciò è molto difficile stabilire una causa certa, ma ci stiamo lavorando». L’Apss sta indagando anche con la collaborazione del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità, i quali hanno registrato in questi mesi un aumento del numero di casi di epatite A nel Nord Italia. Dunque non è escluso che vi possa essere una relazione tra i 17 casi trentini e le altre situazioni accertate in tutto il nord. I sintomi più comuni dell’epatite A sono simili a una forte influenza, con nausea e spossatezza, ma soprattutto la pelle assume un colore giallastro (ittero), rendendo così la malattia riconoscibile. Nella maggior parte dei casi si raggiunge una completa guarigione, anche se la convalescenza può essere lunga. L’accorgimento più importante è una corretta igiene personale e degli alimenti. Persone infette che non si sono lavate le mani con accuratezza possono a loro volta contaminare con materiale fecale i cibi.
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