Elio Orlandi, l’esordio letterario dell’alpinista
S. Lorenzo in Banale, il suo libro «Il richiamo dei sogni» è una riflessione sulla vita, la morte, le imprese e soprattutto un atto d’amore per Val d’Ambiez
SAN LORENZO IN BANALE. Novità in libreria in questi giorni. E' uscito l'atteso libro dell'alpinista Elio Orlandi, “Il richiamo dei sogni”, pubblicato dalla casa editrice “Alpine Studio” di Lecco.
Una vera novità, perché è la prima volta che il forte rocciatore di San Lorenzo in Banale si mette alla prova come scrittore, mentre era finora noto come regista e documentarista.
Così diventa un piccolo “caso” letterario il primo libro di Elio Orlandi, un alpinista puro che improvvisamente ha deciso di aprirsi e raccontare la sua esperienza in uno specie di Zibaldone di pensieri. Ne è nato “Il richiamo dei sogni”, dove Elio butta le sue riflessioni filosofiche sulla vita e la morte, azione e raccoglimento, poesia e disegni, fotografia e spettacoli di bellezza indicibili, a partire dalla natìa valle d'Ambiez, sopra San Lorenzo in Banale: uno spettacolo di bellezza che ha fortemente influenzato il senso estetico che lo guida da sempre nella vita così come nelle scalate alpinistiche.
Perché per Elio le ascensioni non sono “imprese” o “conquiste” (non c'è compiacimento per la conquista), ma anzitutto sono la rievocazione dei suoi compagni in descrizioni ricche della gioia condivisa che supera perfino il dolore delle perdite.
«A volte mi interrogo se ha senso ricercare la verticalità della roccia, aggrappandosi all'illusione di dominare la paura, pur di superare la barriera del rischio. Credo che non avrebbe senso farlo a solo scopo agonistico!», rispende Elio alla sua domanda sul perché della ricerca continua di verticalità assoluta, nella sua valle d'Ambiez così come sulle cime delle Ande Patagoniche, dove ha scritto alcune delle più belle e impegnative pagine dell'arrampicata mondiale.
Nato a San Lorenzo in Banale nel 1954, dove resiede, Elio Orlandi è il prototipo di quella razza di trentini che sono dediti alla propria occupazione, umili, poche parole, concreti, tanti fatti. Elio Orlandi si può considerare uno dei massimi esperti, interpreti e protagonisti dell’alpinismo patagonico, incarnando il tipo ideale della gente di montagna.
Il padre, contadino di montagna e malgaro, è stato il primo a forgiarlo, a fargli comprendere il valore delle cose, come guadagnarsi il pane con la fatica, fare rinunce e vivere parcamente, insegnandogli ad amare sempre la propria terra.
Il giovane Elio si è fatto le ossa nel portare carichi aiutando il padre negli umili e duri lavori alpestri, su e giù per le malghe e le baite per il fieno, perché per una famiglia come la sua, toccata duramente dalla sorte, la sostanza delle cose semplici era l’unica certezza di sopravvivenza, una certezza fatta di duro lavoro, di molte rinunce, di fatiche e sudore e di sobria ma dignitosa povertà.
Ma parlare di Elio Orlandi, vuol dire anche parlare di un alpinista atipico, di una persona mite ed altruista, creativo, sognatore e artista di grande sensibilità.
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