Due ore «prigioniera» della Posta

L'avventura di una arcense che voleva solo fare una raccomandata



ARCO. Forse sarà anche questione di una serie di sfortunate coincidenze, ma dalla Posta (ufficio centrale di Arco) la signora Miriam Leonardi lunedì mattina se ne è andata con una convinzione ferrea: nell'epoca di libroni, penne bic e spugnette per inumidire i francobolli, non sarebbe successo. Doveva spedire una raccomandata e alle 11 è entrata nell'ufficio postale. E' uscita più di due ore dopo, stremata e di pessimo umore.

Al momento del suo arrivo, racconta la signora, la servizievole macchinetta le ha assegnato il numero 148. In quel momento era chiamato il numero 78. Guardandosi attorno e vedendo tutto sommato un numero ragionevole di utenti in attesa, ha pensato che ci fosse stato un errore. Si è messa ad aspettare. Ma l'unico errore si è rivelato essere il suo ottimismo.

Dalla porta, nelle due ore seguenti, sono rientrati decine di clienti. Che visto l'andazzo, avevano semplicemente approfittato della «pausa» per svolgere altre commissioni. Qualcuno la spesa, qualcuno un salto al bar, qualcuno a casa per uno spuntino veloce. «Sono stata servita alle 13 - dice - e per fare la raccomandata ci è voluto un quarto d'ora. Colpa dei computer che si bloccavano, mi hanno spiegato i dipendenti. Cortesi e che si facevano in quattro per cercare di tamponare in qualche modo, di certo non è colpa loro. Ma due ore abbondanti per una raccomandata mi sembrano veramente più di quello che si può ritenere normale e sopportabile. Capisco le scadenze del primo del mese, gli orari estivi, capisco tutto. Ma in tanti anni, anche prima del supporto di tutta questa tecnologia, non mi era mai successo».













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