«Concerti in città, norme assurde»
La rivolta dei musicisti: «Mezza Italia ride di noi, intervenire sull’organico dei gruppi è una violenza. Facciamoci sentire»
di Katja Casagranda
TRENTO. Sono passati circa due anni da quando assessori, benpensanti, trentini di ogni età salivano sul carro mediatico del “fenomeno Bastard” e si dichiaravano sostenitori della musica trentina, anche rock e metal, purchè risplendesse del riflesso dei tre ragazzi d’oro che tutta Italia era venuta a sentire a Borgo Valsugana.
Ora invece arriva la delibera del Comune di Trento in cui si dice: i concerti fuori dai bar in città devono finire alle 22. E la musica trentina insorge. «E’ una assurdità» - dichiara Alex Carlin del Gulliver Studio fonico. «Chi ha fatto la delibera non conosce l’argomento. Per due diffusori cosa intendono? A quanti decibel? Limitare il numero dei componenti della band impedisce a moltissimi gruppi di esibirsi. Tutta Italia sta ridendo di noi sul web. E’ giusto il diritto di pace dei vicini, ma questo non è un compromesso, tanto le lamentele ci saranno ugualmente».
Matteo Scarlet dei Next Point spiega che «sembra ci prendano in giro e non abbiano idea di cosa parlano. Una formazione di duo può sprigionare più “rumore” di un sestetto. Siamo tutti arrabbiati e vorremmo far sentire la nostra voce. Le 22 è l’ora in cui si esce soprattutto in estate. L’amministrazione comunale nonostante migliaia studenti universitari iscritti al suo Ateneo sta dando ascolto agli anziani piuttosto che ai giovani e ai gruppi trentini privandoli di spazi in cui incontrarsi e esibirsi. Non solo c’è disinteresse e ignoranza del mondo musicale ma sembra una burla e purtroppo è l’assurda realtà».
Stesso registro per Simone dei Fango band stoner: «Noi comunque a Trento non potremmo esibirci per il tipo di musica che facciamo ma anche un cantautore con chitarra senza amplificazione non riesce a farsi sentire di fronte ad un pubblico. Ci vuole più tolleranza e buon senso. Dappertutto i concerti iniziano molto dopo le 22».
Si schiera in prima linea Anansi, con il suo reggae ormai nazionale arrivato anche sul palco di Sanremo a suon di televoto: «Ridicolo! Mi fa tristezza questa delibera sulla gestione del rumore, ha dell’assurdo, il tutto per salvaguardare il benessere di pochi, quelli stessi che li sostengono (i politici) e che non amano il rock. Se passasse una norma del genere a livello ampio metà della storia del rock non esisterebbe per un problema di numero di organico. Se si regolamenta il lato tecnico dei decibel va bene, ma quello di identità artistica è una violenza. Già la scorsa regolamentazione era ridicola, questa è peggio. Ne ho parlato con musicisti amici miei del Salento e di tutta Italia e ci ridono fuori, quando la musica potrebbe essere una risorsa di attrazione per le imprese commerciali del turismo e dei ristoratori».
Gli fa eco Massimo Fontanari della reggae band Rebel Rootz: «Noi non possiamo più suonare, siamo in 6. Siamo rientrati da Milano dove il concerto è iniziato a mezzanotte e qui alle 22 dovrebbe finire. Dobbiamo dire la nostra!». Chiosa Graziano Odorizzi degli Higt Voltage rock: «Dovrebbero trovare dei posti dove chi suona può esibirsi perché la sala prove non basta, uno deve potersi confrontare col pubblico. Ci sono troppi talenti che meritano un palco. Dovremmo unire le nostre voci, mettere assieme le forze noi musicisti e trovare delle soluzioni. Il rispetto per chi abita in città è giusto ma dove esserci un’alternativa». Conclude Sandro Botto, anima del Cover OltreFestival: «I rumors registrano molta tensione per la delibera fatta da chi non sa di cosa parla e come sempre è lontano dalla realtà».