Comuni bloccati dal patto di stabilità

Nel 2013 obbligo di risparmiare 37 milioni. Simoni: «Piccoli investimenti necessari per creare crescita e lavoro»


di Chiara Bert


TRENTO. Si chiama saldo-obiettivo, sono i soldi che in cassa ci sarebbero ma non si possono spendere perché così ha stabilito il governo per rispettare gli impegni con l’Europa e tenere sotto controllo l’enorme buco nero del debito pubblico italiano. Sul bilancio di quest’anno della Provincia di Trento i soldi bloccati sono 640 milioni, ha ricordato l’altro giorno l’assessore Alessandro Olivi, che a Roma insieme agli altri rappresentanti delle Regioni ha lanciato un appello al governo perché venga allentato il patto di stabilità. «Sarebbe importante - ha detto Olivi - perché così potremmo liberare risorse importanti per la crescita. In una situazione di recessione e crisi drammatica dei consumi, non alleggerirlo significa decretare la morte del sistema delle imprese, con ovvie ripercussioni sull’occupazione».

Ma la scure del patto di stabilità si abbatte anche - e soprattutto - sui Comuni. «Così com’è impostato - osserva il presidente del Consiglio delle autonomie Marino Simoni - penalizza in particolare gli enti locali, e quelli trentini ancora di più perché per noi la forbice si è aperta all’improvviso. Dal 1° gennaio 2013 il patto è scattato infatti anche per i Comuni sopra i 1000 abitanti, che prima ne erano esentati. Complessivamente, i Comuni trentini, dovranno risparmiare sulle spese per 37,2 milioni di euro contro il saldo obiettivo del 2012 che era di 19,8 milioni.

Il tutto aggravato dalle nuove richieste che lo Stato ha avanzato con le ultime manovre finanziarie e dalle richieste sull’Imu. Il governo ha riservato allo Stato le maggiori risorse derivanti dal sovragettito dell’Imu rispetto al gettito Ici 2011, si parla di 60-70 milioni di euro che prenderebbero la strada di Roma. La Provincia ha contestato questa interpretazione impugnando la norma alla Corte Costituzionale ma la questione è appunto ancora sub iudice. E di questo i Comuni non possono non tenere conto.

«Il patto di stabilità - insiste Simoni - ci impedisce di spendere anche le risorse che abbiamo e così blocca le capacità di crescita o almeno di tenuta del sistema». Il presidente del Consorzio dei Comuni contesta le critiche mosse ieri dagli edili della Cisl, secondo cui sarebbe l’inefficienza degli enti locali a paralizzare l’edilizia. «Io vedo un grosso sforzo, se c’è chi sta dando qualche risposta al settore è proprio il sistema dei Comuni. Nella media i dati che noi abbiamo non sono questi».

I sindaci insomma ci provano, e cercano di ricavarsi qualche spazio tra gli stretti vincoli imposti dalle manovre finanziarie. «Io penso che un allentamento ci sarà - prevede Simoni - anche perchè saranno i piccoli interventi nei Comuni a salvare molte situazioni. L’investimento pubblico genera immediatamente spesa corrente, se io realizzo una casa poi devo riscaldarla, illuminarla, pulirla, farne la manutenzione». Il patto di stabilità potrà essere affievolito, se possibile anche abolito, avverte il presidente del Consiglio delle autonomie, ma solo a un patto: che il sistema nel suo complesso si impegni a tenere sotto controllo la spesa pubblica, perché altrimenti non va. Sono 10 anni che in Trentino lo stiamo facendo, monitorando la spesa corrente e razionalizzando gli investimenti, tanto che abbiamo ancora troppi soldi fermi per cause indipendenti dal patto. Ad alta voce diciamo che il vincolo va modificato, ma finchè non lo sarà dobbiamo rispettarlo».

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