Civici, asse con l’Upt in vista del 2018

La «tentazione» dei sindaci. Le quotazioni in calo di un Rossi-bis rilanciano le ambizioni degli alleati: nel Pd troppi nomi


di Chiara Bert


TRENTO. E se Ugo Rossi decidesse di non ricandidarsi per un secondo mandato alla guida della Provincia? A un anno e mezzo dalle elezioni provinciali 2018 - un tempo che per la politica può essere lungo ma allo stesso tempo brevissimo - la domanda ricorre insistente nei corridoi della politica, e tra gli alleati del partito del governatore sono in molti - a microfoni spenti - a sussurrare che il Rossi-bis, prospettiva che quasi tutti davano per scontata fino a qualche tempo fa, si sta allontanando. Alla luce anche di questo nuovo scenario, dentro e fuori dalla coalizione le manovre sono già cominciate, seppur sottotraccia. Come il dialogo tra i sindaci civici e l’Upt, dentro un disegno strategico che punta a riportare la «gamba civica» (quella che fu la Margherita dellaiana) ad essere il perno del centrosinistra autonomista.

Le sorti del Patt e del governatore. Il Patt che era il punto di forza di Rossi, la macchina che gli aveva consentito la strepitosa (e per molti inattesa) vittoria alle primarie 2013 e che avrebbe dovuto blindarlo in vista del secondo mandato, oggi si ritrova intento a contenere i danni tra fuoriusciti (Ottobre), espulsi (Kaswalder) e autosospesi (Baratter). Una situazione che avvalora la tesi di un governatore indebolito dal suo stesso partito, pronto - sostiene qualcuno - a rivalutare l’ipotesi, da lui fin qui sempre negata, di una candidatura romana (se si andrà a scadenza naturale le elezioni politiche si terranno tra meno di un anno), ma secondo altri perfino tentato dall’ addio alla politica, come fece quattro anni fa il presidente uscente Alberto Pacher che prese atto del mancato appoggio di una parte del suo partito, il Pd. Uno scenario che per certi versi preoccupa gli stessi alleati: «Se Rossi andasse a Roma - confessa un dirigente Dem - si sfalda il Patt e metà dei loro elettori va con il centrodestra».

Il Pd e il rischio di un nuovo scontro interno. Nel primo partito della coalizione, scottato dalla sconfitta del 2013, c’è già chi comincia a ragionare «come se» Rossi si facesse da parte. Con il risultato di far riemergere protagonismi - e antagonismi - mai sopiti dopo lo scontro fratricida di quattro anni fa. Se Rossi dovesse lasciare prima per candidarsi al parlamento, le redini passerebbero al vice Alessandro Olivi, che a quel punto si giocherebbe fino in fondo la sua seconda chance. Ma dovrà vedersela con le ambizioni da presidente dell’assessore Luca Zeni (pronto in caso di Rossi–bis ad attendere un’altra legislatura) e dell’ex assessora Donata Borgonovo Re, che forte delle sue 10 mila preferenze ha apertamente sfidato il suo partito: «O c’è un sostegno forte sulla mia persona o lascio». Per evitare che si ripresenti lo schema 2013 dell’un contro l’altro armati, sul tavolo qualcuno ha già messo anche la carta di Giorgio Tonini, il senatore pronto dopo 15 anni a dare l’addio al parlamento.

L’asse Upt-Civici. Se Rossi si chiamasse fuori riaprirebbe i giochi non solo nel Pd ma anche nell’Upt, reduce da un anno difficilissimo dopo lo scontro tra Dellai e Mellarini al congresso 2016 di cui ancora soffre gli strascichi. Per recuperare consenso il partito è ora pronto a cambiare un’altra volta pelle e a virare verso un nuovo soggetto civico, scegliendo come interlocutore privilegiato le liste civiche che si sono imposte sulla scena politica alle ultime comunali, vittoriose da Rovereto a Pergine.

Le ambizioni dell’assessore tecnico Carlo Daldoss di costruire una propria civica, su mandato di Rossi, hanno incassato lo stop irritato degli alleati della coalizione. Dal canto loro, i sindaci civici, che pure sono alla ricerca di figure rappresentative come l’economista Geremia Gios, hanno ben chiaro che una corsa solitaria nel 2018 non avrebbe chance di portarli al governo. Ecco allora che l’ipotesi di un asse con l’Upt si sta facendo largo, dentro uno schema diverso: far pesare il proprio consenso nel centrosinistra autonomista, alveo in cui del resto si collocano i nomi più forti dei civici, da Francesco Valduga a Roberto Oss Emer. E un nome come quello dell’assessore Mauro Gilmozzi potrebbe essere una carta spendibile per il 2018, con il vantaggio che non ipotecherebbe due mandati e lascerebbe spazio alle future ambizioni dei sindaci.

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