Cellule staminali, via ai trapianti in Trentino

A giugno il nuovo centro trasfusionale: i malati di leucemia potranno curarsi qui


Sandra Mattei


TRENTO. Atteso a lungo da pazienti a rischio trombosi e da quelli con neoplastie del sangue, il nuovo Centro trasfusionale è ora una realtà. Lo spazio angusto dove erano costretti malati di cuore per i controlli dei valori, sarà raddoppiato e trasferito al corpo stellare del Santa Chiara, al secondo piano. Lo annuncia il direttore Flor. Potranno partire così i trapianti autologi di cellule staminali. Possono tirare un sospiro di sollievo tutti i malati che gravitano sul Centro trasfusionale del Santa Chiara e che hanno sollecitato da tempo spazi più appropriati. A giugno parte il trasloco ed a fine mese il reparto sarà operativo. Non solo, dopo la serie di annunci per avviare la raccolta di cellule staminali e permettere ai pazienti malati di leucemia il trapianto di midollo osseo, questo dovrebbe essere il definitivo. Sarà dunque il reparto di ematologia il destinatario di questa importante novità, perché è qui che si curano i malati di linfomi, mieloma, leucemia acuta che in gran parte dovevano rivolgersi a Bolzano. Inaugurato due anni fa, il reparto dispone di 11 posti letto, in 6 camere, dove lavorano quattro medici e due borsiste, grazie al finanziamento dell'Admo (Associazione donatori midollo osseo) e dell'Ail (Associazione italiana leucemia). Realizzato con un investimento di 3 milioni di euro, il reparto necessita di stanze sterili per pazienti con patologie complesse. Il dottor Paolo Vivaldi, responsabile della struttura, spiega come è cresciuto il reparto e quali sono le sfide future che lo attendono. «In reparto - afferma Vivaldi - arrivano i pazienti acuti e con recidiva della malattia. Una volta stabilita la cura, vengono destinati al Day Hospital per i cicli di chemioterapia. Gli accessi in un anno al Day Hospital sono stati 4 mila, con una media di 20 al giorno: un numero, come si comprende, notevole per pazienti che necessitano un approccio complesso, non solo per la cura, ma anche per la gestione successiva. Chi si sottopone alla chemioterapia, infatti, è a rischio contaminazioni perché si trova in temporanea aplasia, ovvero azzera i globuli bianchi, rossi e le piastrine». Aggiunge la capo sala, Roberta Piffer: «Il paziente entra debilitato, ha bisogno di trasfusioni, ed è a rischio infezioni, perciò costretto all'isolamento. Per questo deve essere supportato anche a livello psicologico. In reparto abbiamo una postazione internet perché i malati possano comunicare all'esterno e c'è anche una cucina con spazio comune. Nel reparto abbiamo istituito un quaderno di bordo e i pazienti hanno scritto molti ringraziamenti per il trattamento ricevuto». Il personale è molto motivato, il gruppo di infermieri ha fatto corsi di formazione, di training ed ha raggiunto un grado di preparazione d'eccellenza. Ora si attende l'ulteriore passo avanti, che sarà quello di realizzare i trapianti autologi di cellule staminali. «I pazienti trentini - spiega Vivaldi - che hanno subito il trapianto sono stati 36, tra Bolzano e altre sedi. Qui siamo in grado di affrontare la cura che precede e segue il trapianto. Nel 2010 abbiamo eseguito 17 terapie di mobilizzazione». Chiediamo a Vivaldi in cosa consiste la procedura. «Ai pazienti si stimola la produzione di cellule staminali del midollo - spiega - in modo che arrivino al sangue periferico e le si raccoglie attraverso aferesi, conservandole sotto azoto liquido. Prima di trapiantarle, il paziente viene sottoposto a chemioterapia che azzera globuli rossi, bianchi e piastrine, per poi procedere al trapianto vero e proprio». I ricoveri in ematologia sono in aumento, se l'anno scorso erano stati 238, nei primi 5 mesi di quest'anno si è già a 117. I tempi necessari per i trapianti autologi sono di 20-25 giorni, tra mobilizzazione del paziente e trattamento successivo. «Il problema - commenta Vivaldi - è riuscire ad affrontare l'ulteriore cura, con lo stesso personale medico. Perciò speriamo che arrivino anche nuove risorse».













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