Caselli a Trento: "Mafia, le zone ricche più a rischio"

Il magistrato ha inaugurato l'aula della Corte d'Appello intitolata a Falcone e Borsellino. Ad ascoltarlo circa 200 ragazzi delle Bresadola, del Prati, del Da Vinci, del Vittoria e del Martini di Mezzolombardo


Mara Deimichei


TRENTO. «Era una stagione in cui sembrava tutto perduto, invece lavorando insieme, ce l'abbiamo fatta. Con fatica abbiamo rialzato la testa». Gian Carlo Caselli così ha ricordato la morte di Falcone e Borsellino inaugurando l'aula della corte d'appello dedicata ai due magistrati. «E' un'eredità pesante - ha spiegato l'attuale procuratore capo della procura di Torino - che ho cercato di raccogliere subito dopo la loro morte, facendo domanda per diventare procuratore capo a Palermo, per condividere le responsabilità coi colleghi con cui avevo già lavorato. Tutti insieme ne abbiamo raccolto l'eredità, potendone ancora parlare e lavorare». Ad ascoltarlo circa 200 ragazzi delle Bresadola, del Prati, del Da Vinci, del Vittoria e del Martini di Mezzolombardo. «Per spiegare loro - ha sottolineato - il significato per il nostro Paese delle esperienze di Falcone e Borsellino, come il metodo Falcone fosse vincente per il contrasto alla criminalità organizzata, i grandi successi e le grandi difficoltà incontrate già prima delle stragi. Il lavoro che resta da fare - ha spiegato - è diverso a seconda delle varie mafie di cui si parla. Per il contrasto all'ala militare vedo ormai continuità. Non lo stesso per gli intrecci torbidi di relazioni, di contatti, di affari, con pezzi, e sottolineo pezzi, della politica, dell'economia, della finanza, della cultura, delle istituzioni e della società civile». E alla domanda sulle recenti denunce di tentativi di parte di'Ndrangheta e Camorra di mettere radici in Trentino, così risponde. «Che le mafie tendano a espandersi e a inserirsi in aree lontanissime da quelle originarie è ovvio come il fatto che la pioggia bagni - ha commentato -. Non conosco la realtà specifica del Trentino e non mi sento quindi di parlare, se non in termini generali. E' nel dna delle mafie l'espansione, per riciclare e ripulire il denaro. Per riciclare certo non si sceglie un deserto, ma un luogo dove circola denaro, in modo da mimetizzarsi. Le zone ricche quindi sono paradossalmente come il miele per le api». E possono trovare anche «appigli» impensabili da parte di chi, magari, vuole cogliere l'occasione per fare affari facili «seguendo il noto detto "pecunia non olet" o il dettame moderno "business is business". E' chiaro - ha concluso Caselli che in serata a parlato anche ad un incontro pubblico - che una percentuale alta d'illegalità rischia d'intossicare un territorio». Presenti alla cerimonia per scoprire la targa, il presidente del consiglio della Provincia Dorigatti, e l'assessore alla cultura del Comune di Trento, Maestri. Un momento fortemente voluto dall'associazione nazionale magistrati del Trentino Alto Adige. Ecco il testo della targa che riporta le date di nascita e di morte di Falcone e Borsellino, il primo a Capaci, il secondo nella strage di via d'Amelio. «Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ci hanno dato una speranza che prima non esisteva, la speranza di un mondo in cui l'ingiustizia più radicata, la ferocia più cruenta, il codice del falso onore possono essere vinti dalla forza della legge giusta, la legge che rispetta la dignità umana. Hanno combattuto un potere criminale barbaro, spesso connivente con le istituzioni pubbliche. Loro ci hanno indicato la strada, nella vita e nella morte. Noi dobbiamo percorrerla per far crescere l'idea di giustizia che ci hanno lasciato».

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