«Cari trentini, occhio al sole: qui più melanomi che al Sud» 

L’intervista al primario di dermatologia. Un reparto da 15 mila prenotazioni all’anno, non tutte “giustificate” L’appello: «L’esame personale (e dei parenti) è fondamentale, ma la caccia ai nei è inutile se poi si corre subito in spiaggia» 


Andrea Selva


Trento. «Cari trentini, fate attenzione al sole perché qui l’incidenza dei melanomi è molto più alta rispetto, ad esempio, al meridione italiano». L’appello arriva dal primario di dermatologia dell’Azienda sanitaria di Trento, Carlo René Girardelli, che guida un’unità operativa da 50 mila prestazioni all’anno, la seconda (dopo oculistica) per visite specialistiche.

Dottor Girardelli, le prenotazioni di visite dermatologiche nel 2018 sono state oltre 15 mila. Una domanda giustificata?

C’è un esubero di domanda. Ci sono studi che indicano che un paziente su tre si rivolge al medico di base per un problema cutaneo (in particolare un’eruzione) è chiaro che questa richiesta di assistenza deve essere adeguatamente filtrata, non è pensabile infatti che tutti finiscano dallo specialista. Per questo serve una formazione adeguata in una specialità che fino a qualche anno fa era considerata secondaria.

Questa richiesta è anche in aumento?

È così, per una serie di motivi: ci sono nuovi comportamenti e condizioni ambientali, la popolazione sta invecchiando, ci sono maggiori aspettative da parte dei pazienti e per quanto riguarda la dermatologia ci sono forti aspettative anche per una (legittima) questione estetica, ovviamente non sto parlando di semplici “inestetismi”.

L’invecchiamento cosa c’entra?

La classe degli ultrasessantenni sta “pagando” l’era in cui è cominciato il mito della vacanza al mare e dell’abbronzatura. I trentini devono fare particolare attenzione, anche per una questione genetica.

In che senso?

Nella nostra zona abbiamo sostanzialmente due “fototipi”: i mori di carnagione scura e poi quelli con la pelle chiara (compresi i biondi e rossicci) che sono la maggioranza. Questo spiega una percentuale di melanomi superiore - ad esempio - di quasi 10 volte rispetto al sud italiano. Abbiamo 300 casi su 100 mila persone, in linea con i nostri vicini di Austria e Svizzera. E il melanoma è il secondo tumore sotto i quarant’anni.

È un dato che richiede particolare attenzione?

Sì, ma questo non significa la caccia ai nei ad ogni costo. Il paziente (e i suoi parenti) sono i primi, con un semplice esame visivo, che possono far scattare l’allarme, come avviene nel 70-80% dei casi. Ma abbiamo chiesto attenzione anche a tutto il personale sanitario che - per i motivi più diversi - viene a contatto con i pazienti: dai medici di base agli infermieri. Se vedono una lesione strana deve scattare l’allarme.

Che speranza hanno questi pazienti?

Dipende dal grado di invasività. Molto alta - a 5 anni di distanza - se si tratta di un melanoma di scarso spessore. Ma le speranze sono in aumento grazie ai nuovi farmaci bio-tecnologici, molto costosi.

Quanti casi all’anno?

Oltre 400 nel 2018, in aumento rispetto ai 138 del 2010 ma - ripeto - questo aumento si spiega anche con una maggiore attenzione. I numeri dei carcinomi sono molto superiori (circa 4 mila) ma in questo caso la mortalità è molto inferiore.

I tempi di attesa di dermatologia sono sotto stretta osservazione.

Qui il vero punto è fare sì che il sistema Rao (che è corretto) assegni realmente la priorità assoluta a chi davvero ne ha bisogno.

Quali sono i segnali a cui fare attenzione?

Il melanoma è asintomatico, l’unico segnale può essere il sanguinamento. La regola è quella dell’acronimo Abcde: Asimmetria delle forme, Bordo irregolare, Colore non uniforme (attenzione a tutto ciò che è nero), Diametro variabile ed Evoluzione nel tempo.

E l’abbronzatura?

Lo dico sempre: dal sole bisogna proteggersi, come fanno i messicani con il sombrero. Poi non comprendo l’atteggiamento di chi corre a farsi l’esame dei nei e poi va in vacanza alle Mauritius e alle Canarie per rincorrere il sole tutto l’anno. Tutti vogliono la visita urgente, poi si mettono tranquilli e nessuno vuole cambiare abitudini di vita: il sole preso in maniera sbagliata è come una bomba nucleare, anche se non va dimenticato che l’esposizione è comunque positiva per una serie di patologie della cute.

Di cosa va orgoglioso il reparto?

Siamo un nodo della rete malattie rare, siamo un punto di riferimento per le malattie sessualmente trasmissibili e attiriamo pazienti dalle province limitrofe, in particolare Bolzano.

Che cosa vi manca?

Dobbiamo attrezzarci sul fronte della mappatura dei nei (che viene fornita da strutture private) e di fronte all’ipotesi di una riorganizzazione logistica dobbiamo organizzarci perché il reparto resti un punto di riferimento per i pazienti trentini.















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