Camping in fiamme, roveretani in fuga
Il drammatico racconto di Mauro Zambaldi. Una famiglia trentina ha perso la casetta in legno: «Non abbiamo più nulla»
ROVERETO. «Una scena impressionante: lingue di fuoco che distruggevano in pochi minuti le casette in legno; il boato delle bombole del gas che esplodevano; una lunga colonna di fumo nero che saliva verso il cielo e la gente che scappava per mettersi in salvo...»
Una scena impressionante quella descritta da Mauro Zambaldi, roveretano, che con la sua famiglia (la moglie Monica Chemotti e due figli di 9 e 11 anni) si trovava al centro vacanze “Prà delle Torri” di Caorle dove ieri mattina poco dopo le 6 si è sviluppato un furioso incendio. E con la famiglia di Zambaldi, consigliere circoscrizionale nella Nord, erano parecchie le famiglie trentine in vacanza nelle casette, nei camper, nelle roulotte o nell’albergo all’interno del “Prà delle Torri” che si sviluppa su una superficie di 78 ettari.
Un risveglio shock per Zambaldi e la sua famiglia che comunque si trovavano ad certa distanza dal rogo, ben peggio è andata ad Anna, mamma trentina di tre bambini ed in attesa del quarto che ha perso una delle 43 casette andate completamente distrutte (mentre un’altra decina è stata danneggiata): «Non abbiamo più nulla, i vestiti che indossiamo sono tutti quelli che ci sono rimasti. Ho raccolto i bambini e siamo fuggiti in pigiama e della nostra casetta non è rimasto niente. E’ stato davvero terribile».
«Eravamo in camper - ha raccontato Andrea Garzetti - ad una cinquantina di metri dall’incendio. Per sicurezza ho spostato il mezzo prima che potesse diventare troppo tardi. I soccorsi sono arrivati in ritardo, mancavano le manichette dell’impianto antincendio e nessuno ci diceva nulla...».
Di ritardi negli interventi parla anche Mauro Zambaldi (titolare di una società di sorveglianza balneare che opera sia in Trentino che nell’Alto Adriatico) secondo cui il primo pompiere è arrivato quasi un’ora dopo che sono divampate la fiamme: «Non siamo stati toccati dal fuoco ma segnati psicologicamente da questa avventura. Gente che urlava, che invitava a scappare, che abbandonava tutto pur di mettersi in salvo. Ma quello che ha fatto più impressione - aggiunge Zambaldi - al di là delle fiamme spinte fortunatamente verso la pineta è stato il fatto di non sentirsi tutelati e di percepire una mancanza di un piano di emergenza. Una pattuglia dei carabinieri è arrivata dopo parecchi minuti così come la prima ambulanza; i vigili del fuoco ancora più tardi mentre non si vedevano estintori... Un incendio con la presenza di strutture in legno e vicino ad una pineta non è poi un’ ipotesi così remota: perché allora non provvedere con adeguate strutture e piani antincendio?»(g.r.)