Benzina, «tesoretto» trentino

Le accise sul carburante rendono 100 milioni all'anno alla Provincia



TRENTO. Piace ai benzinai la proposta del senatore leghista Sergio Divina, che chiede alla Provincia di rinunciare a parte delle accise sui carburanti. Oppure, in subordine, di applicare delle «fasce» con prezzi a scalare a seconda della distanza dal confine austriaco. Piace e non potrebbe essere altrimenti: con il prezzo alle stelle, in questi giorni hanno registrato un calo tra il 20 e il 30% delle erogazioni.

Un dato confermato da Carlo Pallanch, coordinatore provinciale della Federazione autonoma italiana benzinai (Faib), cui aderisce la maggior parte dei circa 200 distributori di benzina presenti in Trentino. «Una misura del genere ci consentirebbe di abbassare il prezzo, venendo incontro ai consumatori - spiega - ma anche di prevenire possibili scenari da mercato nero: già oggi, con i prezzi più bassi praticati in Austria, c'è chi sconfina per riempire le taniche con 30-40 litri. In Lombardia, al confine con la Svizzera, già accade».

Ma quanto potrebbe pesare un'operazione del genere sulle casse provinciali? Il conto è presto fatto: la media dell'erogazione è di circa 1 milione di litri all'anno per pompa di benzina (con evidenti differenze tra quelle lungo l'A22 e quelle nelle valli) e l'accisa, sempre arrotondando per praticità, corrisponde a circa 50 centesimi a litro. Un azzeramento totale dell'accisa costerebbe dunque alla Provincia un centinaio di milioni di euro all'anno.

Difficile prevedere, specie di questi tempi, che Piazza Dante possa decidere di farne a meno. Ma Divina ci crede eccome, pur "scottato" da quando, negli anni'90, chiese invano a Dellai un provvedimento analogo: avvenne dopo che un decreto del primo governo Berlusconi consentì a Province e Regioni di confine di introdurre proprio fasce con prezzi dei carburanti a scalare, quando nella Slovenia fresca di "secessione" un litro costava appena 400 lire.

«In una fase di stagnazione come questa, in cui tutti chiedono interventi per rilanciare la crescita, l'unica leva è lo sgravio dei costi per aziende e famiglie», afferma il senatore leghista. Che ipotizza non una rinuncia in toto all'accisa, ma almeno a una piccola parte («dieci o quindici centesimi sarebbe già qualcosa»). E, spiega, sarebbe una rinuncia solo apparente: «I risparmi consentirebbero ai cittadini maggiori spese in altri settori, che potrebbero rimettere in circolo la medesima quantità di denaro producendo nuovo gettito».

L'esempio è quello degli incentivi del 2009 in materia di edilizia: la Provincia mise sul piatto 100 milioni di euro, per finanziare il 30% di ristrutturazioni e risanamenti, movimentandone così il triplo in termini di fatturati da parte delle aziende. «E quella cifra - spiega Divina - una volta tassata, permise di incamerare una somma ancora superiore allo stanziamento iniziale».













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