Il caso

Benzina e abiti coi soldi del condominio

Condannato (anche in Cassazione) l’amministratore: aveva dirottato 180 mila euro dalla cassa del complesso di Vermiglio



TRENTO. Benzina, ricariche telefoniche e pure vestiti. Così sarebbero stati spesi ben 180 mila euro che in realtà dovevano essere destinati per saldare le fatture e pagamenti di un condominio a Vermiglio. Appropriazione indebita questa l’accusa mossa nei confronti dell’amministratore del condominio (Angelo Cavanna della provincia di Lodi) che dopo esser stato condannato in primo grado - ad un anno e sei mesi e al pagamento di una provvisionale da 60 mila euro - si è visto confermare la pena in appello e quindi ha tentato la carta del ricorso in Cassazione. Ma gli è andata male. I giudici del «palazzaccio» hanno infatti dichiarato inammissibile il ricorso condannando l’amministratore al pagamento delle spese processuali (circa 7 mila euro). E la sentenza ha dato il via anche al conteggio dei 120 giorni previsto dalla sentenza dei giudici «territoriali». All’uomo, infatti era stata riconosciuta la sospensione condizionale della pena che era però subordinata al pagamento della provvisionale (i 60 mila euro) entro 120 giorni, appunto.

La vicenda del condominio nel comune di Vermiglio ricorda purtroppo altre vicende simili registrate anche dalle cronache locali. In questo caso si tratta di un complesso immobiliare importante, composto da una cinquantina di appartamenti. Gestione certamente complessa affidata da un esperto del settore. Così si era presentato il lombardo. Che si era messo al lavoro. Ma sarebbe stato sfruttando proprio i numeri importanti del condominio che sarebbe riuscito, un po’ alla volta, a far uscire dal conto corrente della casa del denaro che sarebbe poi stato usato per fini «privati». Si parla di pagamenti alla stazione di servizio, di ricariche ma anche di acquisti di vestiario e di elettrodomestici. Soldi che in parte sarebbero stato girati anche alla segretaria dell’amministratore che infatti, si era trovata a processo. E a sua volta era stata condannata. Un ammanco di 180 mila euro che, una volta scoperto, ha spinto i condomini a cambiare amministratore. Questo si è messo al lavoro sottolineando una serie di incongruenze che hanno portato alla denuncia e quindi alla condanna del collega che lo aveva preceduto. Quest’ultimo, nel suo ricorso in Cassazione, aveva evidenziato come la parte civile non avesse fornito le indicazioni sui beneficiari dei pagamenti e aveva anche avanzato dei dubbi sulla quantificazione finale degli ammanchi. Sottolineando come il suo «stipendio» non fosse mai stato incassato per intero e come lui avesse eseguito dei lavori in qualità di architetto senza ricevere il dovuto compenso. Ricorso ritenuto, come detto, inammissibili.













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