Bassetti: «Lascio una Sat più preparata e aperta al dialogo»
In aprile si vota il nuovo direttivo. Il bilancio del presidente: «Un serrato confronto per l’eccessivo consumo di territorio»
TRENTO. In aprile si voterà il nuovo consiglio direttivo e la nuova presidenza della Sat. Abbiamo chiesto all’ attuale presidente, Claudio Bassetti, uno sguardo speciale sulla sua associazione. Sat conta oggi 27.000 soci e 86 sezioni.
Che Sat lascia presidente?
Siamo ai massimi. Non è poco, considerata la crisi. Abbiamo un ricambio ogni anno di 2500 soci. Abbiamo attuato un processo di formazione della classe dirigente, per adeguarci alla complessità del fare associazione, creando modelli di governo trasmissibili a nuovi gruppi dirigenti, garantendo continuità. Tutto questo è stato accolto bene dai soci. Abbiamo lavorato su Statuto e Regolamento, anche per adeguarli alla nuova legge nazionale sul Terzo Settore.
Come è cambiata in questi sei anni la Sat?
Abbiamo fatto lo sforzo di avviare processi di confronto con le realtà istituzionali e associative del territorio: in passato dobbiamo riconoscerlo Sat era autoreferenziale. Siamo convinti del nostro ruolo di associazione più grande del Trentino. Ci impone di dare il nostro contributo nella gestione dei beni collettivi, come ad esempio abbiamo fatto lanciando il confronto sul rapporto fra rispetto della montagna e utilizzo da parte dei ciclisti.
Parliamo dell’outdoor. Apt e agenzie promuovo la frequentazione a tutto spiano della montagna.
Siamo stati i primi a porre il problema. L’outdoor pone opportunità e conflitti. Vediamo promuovere la penetrazione della montagna dodici mesi all’anno, in qualsiasi contesto. Però vediamo un calo della sensibilità generale. Si dà un valore economico all’uso della montagna superiore a quello culturale e ambientale, che dovrebbe essere riconosciuto. Alcuni sentieri, ad esempio, non sono compatibili con le bici, bisogna porre dei limiti. Abbiamo avuto un serrato confronto sull’uso promiscuo con la Provincia, che alla fine ha deliberato in modo diverso dalla nostra idea. La Provincia in sostanza permette quello che non vieta: un rovesciamento epocale della logica. Abbiamo dovuto accettarlo ma non ci piace. Si sono aperti tavoli di confronto sui percorsi aperti alle bici. La pressione maggiore c’è nell’Alto Garda ma abbiamo altre situazioni critiche, come in val di Tovel nel parco Adamello Brenta. Sembriamo dei rompiscatole ma tuteliamo interessi collettivi.
Che bilancio farebbe del dialogo con i manager del turismo?
Esiste una sensibilità, una cultura personale dei manager, ci sono luci e ombre. Ci stiamo confrontando con Trentino marketing, ci sembra che le nostre idee siano prese in considerazione. Però vediamo messaggi contraddittori. La frequentazione della montagna anche in altre stagioni oltre l’inverno sta riprendendo, lo vediamo con l’aumento delle presenze nei nostri rifugi: questo è un bene, sposta l’eccessiva enfasi dalla stagione dello sci, cosa che proponiamo da tempo. Si tratta di porre limiti ed educare al rispetto.
Cosa pensa dei progetti di nuove piste, impianti di risalita, bacini d’innevamento artificiale?
Per il nuovo Piano urbanistico provinciale del 2007 chiedemmo di stralciare alcune piste, come quella di Plaza, in val Rendena, poi realizzata. Quella pista è un simbolo: faccio la pista, da sola non regge sul mercato, faccio un impianto di arroccamento e dietro quello arrivano altri appetiti per costruire ancora. Questo produce una costante erosione del territorio. Anche avere impianti con un’ elevata portata oraria produce affollamento sulle piste e una logica espansiva. Servono altre piste, se ci sono troppi sciatori su quelle esistenti. Si rincorrono logiche assurde, come ha fatto la stazione di Folgaria rincorrendo un “modello Campiglio”. Alla fine con i nostri soldi la Provincia salva i bilanci. Invece un modello alternativo, meno impattante, come quello proposto dal patron de La Sportiva per il passo Rolle, è stato bloccato. Occorrono scelte lungimiranti, anche se poco popolari nell’immediato. La chiusura del traffico estivo sul Passo Sella va ad esempio nella direzione giusta.
Fauna, biodiversità, orsi, lupi: che ne dice?
Stiamo facendo uno sforzo di formazione e comunicazione importante sui carnivori e la convivenza. La comunicazione pubblica dovrebbe essere molto più efficace. Non si accetta quello che arriva dall’esterno del mondo umano: c’è da lavorare molto su questo tema. Altro tema essenziale sono i corridoi faunistici.
Cosa pensa della richiesta di avere mano libera su orsi e lupi da parte dei Trento e Bolzano?
L’Autonomia è un bene prezioso. Però non so se siamo pronti per questo uso. Prima serve dimostrare di essere sopra pressioni populiste e contingenza. Dobbiamo allo stesso tempo riconoscere che il Trentino ha una gestione della biodiversità più capace di elaborare convivenza rispetto all’ Alto Adige, dove vediamo una natura “pettinata”, sotto stretto controllo umano.
Le sfide del prossimo triennio.
Cultura e formazione, per insegnanti, in alternanza scuola-lavoro, allo Spazio Alpino nella nostra sede di Trento, dove organizziamo tanti incontri.