Banche, in due anni persi 250 lavoratori
TRENTO. Le banche sono in piena rivoluzione. Per resistere alle difficoltà della crisi che sta ancora dispiegando le sue scorie, il mondo del credito ha dovuto procedere a ristrutturazioni, riorganizzazioni e fusioni, con conseguenti chiusure di filiali e riduzioni del personale. Le banche nazionali lo hanno già fatto e le rurali trentine hanno avviato questo processo sul finire dell'anno scorso e stanno andando avanti. Nel giro di due anni almeno 250 lavoratori del settore andranno in prepensionamento e una cinquantina di filiali, tra cui una trentina della Rurali, saranno chiuse. E in molte di quelle che rimarranno via libera all’automazione con i cassieri che passeranno a fare i consulenti. La Rurale di Trento sta già pensando al cosiddetto «Banchino» che sarà introdotto presto in alcune filiali con l’installazione di macchine per fare tutte le operazioni.
Prepensionamenti. Un processo doloroso che, però, le banche e i sindacati cercano di governare riducendo al minimo i sacrifici per l'occupazione. Ecco quindi il ricorso agli esodi incentivati che permetteranno di mettere le banche in grado di resistere. Per il solo sistema delle Casse Rurali trentine ci sono accordi già firmati per il prepensionamento di 158 dipendenti in due anni, ma si potrebbe arrivare a circa 200 entro la fine dell'anno. Per le banche nazionali ci sono accordi già siglati per una quarantina di prepensionamenti per Unicredit, tre prepensionamenti per quanto riguarda la Banca Popolare di Vicenza e, presto, potrebbero arrivare gli accordi per una trentina di prepensionamenti per Intesa San Paolo. Per quest'ultima banca, però, come spiega Paolo Vita della Fabi non ci sono ancora le intese. In tutto quindi si potrebbe superare quota 250 entro l'anno prossimo. Un vero e proprio esodo per un categoria che in passato era sempre stata invidiata per la stabilità del posto di lavoro. Ma questa cifra potrebbe anche essere arrotondata per difetto, dal momento che è ancora in corso il processo di fusioni che interessa le Casse Rurali che in meno di due anni passano da 41 a 23 e potrebbero ancora scendere di numero.
Filiali ridotte. Con le fusioni arrivano anche le razionalizzazioni, sia in termini di numero di dipendenti che in termini di numero di sportelli. Per quanto riguarda le sole Rurali, entro la fine dell'anno si dovrebbe scendere di una trentina di filiali dalle attuali 340.
Come si è visto a Trento dopo la fusione con Aldeno, vengono chiuse le filiali che si sovrappongono e i dipendenti vengono impiegati o nei servizi centrali o in altri sportelli. Ma la chiusura di filiali ha riguardato anche le banche che fanno riferimento all'Abi. Sempre Vita fa notare che non ci sono grosse consguenze per l'utenza: «Per il cliente non è cambiato quasi niente. Al massimo cambia l'Iban se chiude la filiale, ma non abbia registrato inefficienze». Del resto, come spiega il segretario della Fabi Domenico Mazzucchi, «il sistema cerca di riorganizzarsi. Anche le banche nazionali hanno portato avanti processi di acquisizioni e razionalizzazione. Le Casse Rurali stanno facendo la stessa cosa, ma tenendo ben presente la loro mission che è quella di essere vicine al territorio».
Le fusioni. Ed ecco così che arrivano le fusioni con le 41 Casse Rurali che c'erano nel 2015 che passeranno entro la fine dell'anno a 23. I progetti operativi ancora in corsa sono quelli che porteranno alla fusione delle Rurali degli Altipiani con Bassa Vallagarina e Isera e Cassa Rurale di Giovo con Mezzolombardo, San Michele e Roverè della Luna. A ottobre partirà la fusione tra Lavis-Valle di Cembra con Mezzocorona. Invece sono ancora in fase di approvazione da parte della Banca d'Italia la fusione tra Rurale Centrofiemme e Rurale Fiemme, da una parte, e Cassa Rurale Val di Fassa e Agordino con Rurale Primiero e Vanoi. E' in fase di predisposizione, infine, il progetto di fusione tra Rurale Alta Vallagarina, Rurale di Rovereto e Rurale di Lizzana. In questa situazione svolge una funzione fondamentale il Focc, il fondo finanziato da Casse Rurali e dipendenti che ha lo scopo di finanziare i prepensionamenti. A livello nazionale, sono le singole banche che finanziano il fondo di solidarietà. Il fondo è lo strumento che permette di collocare in prepensiomanento fino a un massimo di 7 anni i lavoratori del settore bancario.