Arco vuole tutta la verità sui Pfas
Ieri sera il confronto tra l'assessore Tonina, i tecnici e il consiglio comunale: "Il dato di Arpav non è stato corretto", ma resta il mistero della Maza
ARCO. Diteci dove sono finiti. Diteci da dove vengono. E diteci perché non ci avete fatto sapere che erano là.
Parliamo dei Pfas, contaminanti tristemente noti nel mondo come "forever chemicals" (prodotti chimici per sempre, perché sono indistruttibili, inodori, i colori, i sapori). Gli abitanti di Arco e dintorni vogliono essere informati. Vogliono che quello della politica - a maggior ragione se si tratta di politica ambientale, che incide sulla nostra salute e sul nostro benessere - sia un palazzo di cristallo: trasparente.
E lo hanno fatto capire chiaramente ieri sera (20 marzo) nel corso dell’affollata seduta speciale del consiglio comunale di Arco, convocato dopo le rivelazioni del nostro giornale riguardanti la contaminazione da Pfas nell'area della Maza.
Queste sostanze - ricordiamo - non sono finite in falda e nell'acqua potabile (questo è quanto è stato detto e ripetuto dai responsabili provinciali in materia di tutela ambientale). Sono stati trovati nel percolato della Maza e nelle scie superficiali. E con questi veleni non si scherza. Come dimostra il caso Veneto - dove è stata compromessa una falda acquifera grande come il Lago di Garda e dove i prodotti tossici di lavorazione industriale sono finiti nell'acquedotto (il territorio è quello fra le province di Vicenza, Verona e Padova) - se entrano in contatto prolungato con gli esseri viventi possono causare tumori, infertilità, sviluppo anomalo dell'apparato geniale maschile dei bambini, patologie del sistema nervoso centrale e della tiroide.
I Pfas individuati nella discarica della Maza, nel territorio dell'Alto Garda Trentino, sono diventati un caso, un problema da risolvere, oltre che motivo di un certo imbarazzo per la Provincia autonoma di Trento e per l'Appa (Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente).
Era il 2019 quando i tecnici ambientali fecero delle analisi sul percolato che veniva trasportato dalla discarica al depuratore di Rovereto. Parliamo di una concentrazione a tre zeri: 6000 nanogrammi/litro di una famiglia di Pfas (esclusi Pfoa e Pfos). Si tratta di sostanze pericolose, usate nella grande industria come impermeabilizzanti. Li troviamo ovunque (sono usati per produrre pentole antiaderenti, tessuto tecnico-sportivo, pellicole, detergenti, schiume da estintore). Non li dovremmo trovare nell'ambiente.
Nel Rio Salone (acque superficiali che scorrono sotto la discarica) vennero trovati da Arpa Veneto nel 2018 (il dato è stato di recente pubblicato da Le Monde nella mappa europea dei veleni).
Dopo un tentativo di delegittimazione della stampa (la lettura da parte dell'assessore provinciale Mario Tonina del report Appa, con il numero due della Giunta Fugatti che in consiglio provinciale ha parlato di "notizie scandalistiche") e spiegazioni poco chiare (l'analisi di Arpav contestata da Trento, ma confermata da Arpav), nei giorni scorsi "Il nuovo Trentino" ha rivelato la presenza di un rapporto di prova, della primavera 2019, mai reso di pubblico dominio: quella concentrazione di Pfas nel percolato della Maza (con oltre 6000 ng:litro) è del tutto sovrapponibile al campione del Rio Salone. Una conferma inquietante che i Pfas, ad Arco, ci sono, eccome.
Il caso Pfas è esploso con forza nell'Alto Garda. La contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche è un campanello d'allarme per chi vuole difendere l'ambiente e qui di là salute e quindi l'economia turistica.
L'assessore provinciale all'ambiente (e vicepresidente della giunta) Mario Tonina è arrivato ad Arco con i tecnici dell'Appa, i responsabili della discarica Maza e del Servizio opere pubbliche, schierati su un tavolone, con alle spalle una bella diapositiva di nevi perenni e montagne immacolate.
«Preoccupazioni non ce ne sono - ha detto Tonina - Oggi in Trentino le discariche sono a fine ciclo. Devono sempre essere monitorate. Appa ha sempre lavorato con la massima trasparenza e professionalità. Nessuno può attribuire a questa, giunta e a questi tecnici alcuna responsabilità».
Raffaella Caneppel (settore qualità ambientale Appa) lo ha ribadito: «Abbiamo fatto centinaia di analisi. Per quanto riguarda il Rio Salone nel 2018, 2019 e 2021 non è stato trovato nulla. L'errore di comunicazione da parte di Arpav è stato segnalato ad Ispra, ma niente».
Insomma il dato nelle mani di Ispra e pubblicato da Le Monde in 5 anni non è stato corretto.
Resta la questione della concentrazione di Pfas nel percolato della Maza. Come si spiegano i 6000 ng/kg nel liquido percolato?
Gabriele Rampanelli (settore Autorizzazione e controlli Appa) ha ripercorso le sventure della discarica con le importanti perdite di percolato del passato. Rampanelli hè poi pasato a fare il confronto con le discariche venete (che sono 53 contro le 8 trentine). «Nell'83% dei casi si trovano i Pfas». Insomma i Pfas poco o tanto ci sono.
Il confronto con l'area rossa della contaminazione veneta, però, rischia di creare confusione, perché i dati del "caso Miteni" sono spaventosi rispetto a quelli trentini. Il dato però rilevato nel rapporto di prova del 2019 dei tecnici ambientali non è stato smentito.
I tecnici della Provincia hanno spiegato che i monitoraggi sono continui, che nulla viene lasciato al caso e che le agenzie per l'ambiente di altre regioni, dove i Pfas, vengono trovati con una certa regolarità, non si muovono diversamente da come si fa in Trentino.
A tarda sera si discuteva ancora.