lo strazio

«Addio Vittorio, tu eri il volto della speranza»

Rabbi, la valle si è fermata per portare l’ultimo saluto al 43enne Dapoz Don Tarcisio: «Le lacrime scorrono più impetuose delle acque del Rabbies»


di Sergio Zanella


RABBI. Duemila, o forse più. Questo il numero delle persone che ieri si è recato a San Bernardo di Rabbi per salutare Vittorio Dapoz, lo sfortunato 43enne camionista che giovedì sera ha perso la vita schiacciato dal proprio mezzo di lavoro a Celentino di Peio.

Alpini, giocatori di calcio, amici del coro, colleghi di lavoro e numerosi conoscenti non hanno potuto fare a meno di mostrare il loro cordoglio a una famiglia piegata dal dolore, di fronte a cui don Renato Pellegrini, parroco di Rabbi, per sua stessa ammissione ha faticato a trovare parole di conforto.

«Cara Barbara, caro Gabriel e cara Caterina, non ho parole per consolarvi. Questa valle tormentata è avvolta dal silenzio e rigata dalle lacrime. Il dolore è davvero grande, ma dentro di noi sono sicuro che in questo momento continuiamo ad avere impressa l’immagine del sorriso sereno che tutti i giorni Vittorio portava in volto. È il momento dei perché, ma sappiamo tutti che a queste domande è difficile dare risposta. Croce assurda è quella del lavoro che fa perdere la vita al lavoratore: è una cosa inammissibile ed inspiegabile. Questo è però anche il momento per piangere, Dio stesso ci dice di farlo per sopportare questa sofferenza senza nome che ha il volto di uomo che, senza clamore, ha fatto della sua vita un’opera d’arte all’ottimismo e alla serenità. Vittorio era una persona che faceva sperare nel futuro.»

Sull’altare, al fianco del parroco, era presente anche l’amico e parente di Vittorio Dapoz don Tarcisio, che a sua volta ha usato parole di tristezza per descrivere questa assurda morte. «Le lacrime scorrono qui in Val di Rabbi più impetuose delle acque del torrente Rabbies, ma queste stesse lacrime feconderanno il giardino di Dio, dove stanno i più simpatici e i più grandi. Li si troverà anche Vittorio.»

Al termine dell’omelia, non prima però di aver assistito alla commovente posa di un mazzo di fiori sulla bara di Dapoz da parte dei compagni di scuola del figlioletto Gabriel, è stato il momento dell’ultimo saluto di parenti, amici e colleghi. Particolarmente toccante la lettera che il piccolo Gabriel ha rivolto a suo padre, seguita poi da una preghiera degli alpini e da alcune lettere aperte degli amici del coro e dei titolari della ditta di scavi Gabardi. «Sei entrato sette anni fa nella nostra ditta e lo hai fatto in punta di piedi – ha scritto Cesare Gabardi -. Eri una persona instancabile: mai arrogante e incapace di dire no. Portavi sempre tanta allegria sui cantieri e doversi separare così è una cosa che fa davvero male.»

Finita la messa, un lungo corteo silenzioso si è diretto verso il cimitero, dove tra lacrime e sospiri una comunità intera ha accarezzato per l’ultima volta la bara di Vittorio.

 













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