Addio a Romano Cainelli, farmacista gentiluomo
Storico titolare della farmacia Gallo, aveva 86 anni. Fu tra i fondatori dell’Unifarm e grande esperto di erbe: «Uomo garbato, amava i suoi clienti»
TRENTO. Da qualche mese non usciva più di casa perché gli anni, 86, da qualche tempo gli avevano indebolito le gambe, lui omone di grande statura fisica ma anche culturale. E ieri Romano Cainelli, farmacista della notissima farmacia Lamberto Gallo, è spirato lasciando la moglie Silvia Pisoni e i tre figli Paolo, (farmacista), Luisa (farmacista) e Marta (insegnante).
Non era un personaggio della città: troppo schivo, parlava a bassa voce, senza iperboli, senza punti esclamativi preferendovi, invece e semmai, quelli interrogativi. Eppure, a suo modo, personaggio a tutto tondo lo era. Lo era con quel viso massiccio, gli occhi bagnati e mansueti. Era rispettosissimo di tutti e di tutto, amava il contatto con la gente a cui dispensava, talvolta malvolentieri, le medicine prescritte dal medico. Malvolentieri? Sì, se gli sembravano fuori misura. Ma medico non era e mai si sarebbe permesso di criticare la prescrizione.
Era stato uno studente al liceo ai “Polentoni” (“E vabèn, ciamenteghe pur col nome vero, Arcivescovile - chiosava – ma l'era pur vera che se magneva polenta en dì sì e l'altro anca. Ma forsi, anca, perché la squadra de balòn che ghera la gaveva le maie color polenta”) e poi, secondogenito di sei figli tutti con laurea, figlio di Giulio farmacista che nel 1927 aveva rilevato la farmacia Gallo, si era laureato a Roma. Dapprima con suo padre e poi da titolare ha lavorato lì in via Mantova tra quegli stupendi mobili Liberty, per oltre cinquant'anni passando la mano ai due figli Paolo e Luisa.
Ma il suo fiore all'occhiello, al di là della stima conquistata e mantenuta da sempre in tutta la città e nelle valli, è stata l'intuizione (1970) di creare con alcuni colleghi farmacisti della regione e con lo spirito cooperativistico l'Unifarm, il colosso farmaceutico che fattura milioni e milioni di euro come fossero noccioline. (Da poche settimane, a quaranta e più anni dalla fondazione, alla presidenza c'è il figlio Paolo).
Romano Cainelli ci raccontava che, esclusi alcuni, molti dei suoi colleghi erano scettici non credendo per nulla allo spirito cooperativistico. Alla fine, però, con l'aiuto dei colleghi Franco Boni (Tione), Rolando Gadotti (Trento), Giuseppe Mutalipassi (Riva) ed altri cinque ottenne il grande risultato.
Nel ripercorrere la vita del colosso farmaceutico lui era solito rimanere ai margini. Delle persone detestava ricordare gli eventuali titoli onorifici e amava, al contrario, sottolineare i meriti soprattutto in assenza di titoli. Non si impancava mai in giudizi. Sussurrava (forse mai in vita sua ha alzato la voce) convincimenti positivi soprattutto quando il protagonista non era un laureato, ma un lavoratore che per qualità e quantità di collaborazione era quello che faceva veramente funzionare la macchina. Un esempio? “Un certo Bruno Raab – mi raccontò – aveva la quinta elementare, ha fatto il direttore di magazzino. Era un computer vivente. Con lui direttore del magazzino l'Unifarm ha fatturato nel 2000 340 miliardi di lire.”
Parlava volentieri – d'altra parte un farmacista deve poter e voler ascoltare e suggerire alla gente qualche consiglio – non dicendo mai una parola in più del necessario, ottima abitudine di chi, in tasca, più che verità sente d'avere soltanto proprie convinzioni.
Lui, questa volta nel ruolo di botanico con enormi passione e competenza, in collaborazione con una dottoressa e una collega botanico, ha salvato la vita ad un carabiniere di Bolzano che aveva mangiato un'erba molto velenosa scambiata per asparago selvatico.
Da tempo, come abbiamo scritto in apertura, non lo si vedeva più a passeggio o fare qualche fugace apparizione in farmacia. Da qualche anno a riposo era andato, ma quel riposo attivo che sempre aveva sognato lo ha potuto godere soltanto per poco tempo. Le gambe, infatti, avevano cominciato a non funzionare più come sperava. Desiderava andare in montagna a cercare le sue amate erbe. L'ultima volta che lo incontrammo ci disse: “Mi stanco di più a stare seduto che in piedi”. Nel campo della farmaceutica Trento perde forse il più importante dei suoi protagonisti del secolo scorso.