Accattoni, a Rovereto cacciati 32 romeni

Disturbati dalle continue verifiche di vigili urbani e polizia - grazie a un regolamento asburgico - il gruppo ha lasciato la città



ROVERETO. Del folto gruppo di romeni che per mesi hanno battuto il centro città improvvisandosi in attività ai limiti del lecito, dal parcheggiatore al musicista di strada all’accattone finto invalido, non ne è rimasto neanche uno. Nel giro di un mese i 32 stranieri - tanti sono quelli identificati - sono stati sottoposti a ripetuti controlli che li hanno scoraggiati a frequentare Rovereto. La cosiddetta “ordinanza Valduga”, emessa dall’ex sindaco a fine mandato, non c’entra nulla, anche perché una recente sentenza della Corte Costituzionale ha di fatto cancellato i presupposti normativi su cui il provvedimento antiaccattoni si fondava. «Abbiamo invece impiegato - spiega il sindaco Andrea Miorandi - un vecchio regolamento asburgico di polizia urbana, che risale al 1916, e ci permette di sanzionare l’accattonaggio molesto».

Così dalla fine di marzo gli uomini del commissariato e la polizia municipale hanno intensificato la rete dei controlli. Una decisione presa dal Tavolo per la sicurezza in base alle segnalazioni dei cittadini, infastiditi dalla pressante richiesta di denaro da parte dei questuanti. I quali non si limitavano a chiedere la carità, ma a volte riuscivano a sfilare il portafoglio o la borsetta a qualche ingenuo passante. Sei o sette del gruppo sono stati denunciati per furto, mentre altre sanzioni sono state elevate al gruppetto di lavavetri che stazionava all’incrocio di via Cavour (per intralcio al traffico), al quale sono stati sequestrati i “ferri del mestiere” (tergicristalli a mano, secchi e spugne). Nemmeno la notte era tranquilla, per la trentina di romeni - comunitari, dunque impossibili da espellere per decreto -: i controlli li hanno sorpresi a dormire in case e fabbriche abbandonate (dall’ex casa cantoniera di via Brennero al parco di Santa Maria, dalle panchine di via Lungo Leno alla stazione di Mori Ferrovia).

Una “moral dissuasion” che ha snervato il numeroso gruppo, costretto a perdere ore per i verbali, per le fotosegnalazioni, per rispondere alle domande di vigili e poliziotti. Dal 26 di aprile sono spariti dalla città. Solo uno è stato rivisto ieri, nei pressi del mercato, ma è sparito quando ha notato i vigili alle proprie calcagna. «Ci risulta - aggiunge Miorandi - che si siano spostati a Riva e Trento. Ma la nostra non è solo un’azione repressiva. Assieme all’assessore Fabrizio Gerola stiamo dando risposta a chi vuole riscattarsi. Hanno già aderito sei ragazzi africani: stanno imparando un mestiere, ora riparano biciclette. Comunque non esiste alcun racket : il supposto “capo” del gruppo, controllato più volte, aveva con sè pochi spiccioli».

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