Sui binari cinque bottiglie incendiarie
Gli ordigni sono stati scoperti ieri all’altezza del Millennium. Probabile risalgano all’ 11 maggio e ai roghi contro gli Alpini
ROVERETO. La cosa più probabile è che quelle cinque bottiglie incendiarie fossero lì dalla notte dell’11 maggio, quando con una azione a tenaglia degna di un manuale della guerriglia furono sabotate la ferrovia della Valsugana in due punti (una centralina di rilevamento frane all’altezza della galleria agli Albi ed uno scambio a Calceranica) e quella del Brennero, con l’incendio di una centralina di distanziamento treni all’altezza di Lavis. In effetti allo scacchiere, visto che l’obiettivo era palesemente isolare Trento per ostacolare l’afflusso degli Alpini per l’adunata nazionale di domenica 13, mancava un tassello: la linea del Brennero a sud di Trento. Tra l’altro proprio la direttrice da cui più massiccio si poteva ipotizzare l’arrivo di Alpini, convogliando Piemonte, Lombardia basso Veneto e resto d’Italia. Ieri mattina a quanto pare si è scoperto che non si è trattato di negligenza degli attentatori, ma di semplice loro imperizia.
Aprendo la cabina di scambio che si trova immediatamente a sud del Millennium, degli operai delle ferrovie intervenuti per modificare la regolazione degli scambi hanno sentito un forte odore di plastica bruciata. Si sono guardati attorno e in due tombini adiacenti la cabina hanno trovato quattro bottiglie incendiarie, una delle quali bruciacchiata. Una quinta bottiglia sarebbe stata trovata poco dopo lungo la scarpata della massicciata ferroviaria dagli uomini della polizia di Rovereto e della Digos, immediatamente chiamati sul posto.
Le bottiglie contenevano tutte liquidi che si immagina infiammabili, ma probabilmente anche di tipo diverso. Uno verde e uno rossiccio, uno giallastro. Forse benzina o comunque derivati del petrolio. Pare probabile fossero liquidi diversi per sfruttare le diverse rapidità di accensione: il petrolio da lampade, per esempio, brucia a lungo ma non avvampa, un po’ come un vecchio lumino ad olio. Potrebbe avere avuto il compito di far incendiare, nel momento in cui la bottiglia che lo conteneva si fosse fusa disperdendolo nel tombino, di innescare la vampata incomparabilmente più violenta della benzina. Dopo avere dato il tempo agli attentatori di dileguarsi. La fiammata avrebbe sicuramente bruciato fili elettrici e apparecchiature elettroniche della cabina, fermando i treni da Verona al Brennero. Ma fiammate non ce ne sono state. Il principio di incendio non è andato oltre il bruciare un po’ di sporcizia e parzialmente la bottiglia innescata. Poi si è spento e non è successo nulla. Le bottiglie (tutte di plastica, pare di una acqua minerale italiana tra le più pubblicizzate) sono rimaste lì. Abbastanza a lungo perché i liquidi contenuti evaporassero in parte significativa. Un dettaglio che sarebbe compatibile con i 24 giorni passati dalla notte degli altri attentati.
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