«Non si combattono le idee con la violenza»
La lettera aperta di un gruppo di pacifisti: brutto il presepe antiabortista, ma servono valori comuni
ROVERETO. «Pur non condividendo l’espressività “artistica” natalizia 2018 del presepe antiabortista sulla gradinata per raggiungere il sagrato della chiesa di San Rocco, pur non condividendo l’altra “opera artistica” in piazza Rosmini, condividiamo il presepe dei migranti che è stato esposto davanti alla chiesa del S.Santissimo di Trento» scrivono Maria Grazia Sighele, Roberto Malesardi, Luisa Zanotelli, Renato Manzana, John Mpaliza, Carlo Spagnolli, Mario Cossali, Paola Dorigotti, Carmen Simoncelli, Enrica Candioli, Attilio Vicentini, Maria Natalizia D’Amico, Franca Gamberoni, Paolo Rosà, Andrea Trentini, Maria Elena Maistri e Mauro Dossi. I quali osservano che i due presepi interpretavano non «il messaggio della nascita di Gesù al quale i credenti (e ormai anche molti non credenti) guardano come messaggio di speranza», ma «messaggi disumanizzanti e fuorvianti». I firmatari si chiedono «quali fossero i pensieri dei bambini più piccini vedendo questi presunti presepi ascoltando la verità edulcorata dai genitori, i commenti negativi sentiti di trafugo; ci chiediamo che cosa abbiano generato nelle loro menti, nei loro sentimenti». Quello appena trascorso, scrivono, è stato un Natale «difficile, brutto per i molti che credono nei valori cristiani che altro non sono che valori etici comuni a credenti e non credenti. Non facciamo più di tutta l’erba un fascio. Per cortesia non ripetiamo più questo modello». E si chiedono quale messaggio voleva trasmettere chi ha dato alle fiamme alla porta della chiesa di San Rocco. «Non è così che si può dare un messaggio di disapprovazione con “quel” presepe esposto: la bruttezza si sconfigge con la bellezza, ricordiamocelo. Gli atti di violenza, da qualsiasi parte arrivino, si combattono con la conoscenza perché crea comprensione, accoglienza, umanità, amicizia, condivisione». E in merito alla scritta “I veri martiri sono in mare” lasciata dagli attentatori, «non è con gli atti di vandalismo che non ci saranno più i martiri. Se di martiri si vuole parlare, oltre ché a quelle che migliaia di persone che sono perite in mare (e probabilmente periranno), anche tutti noi italiani che non aderiamo a queste modalità di espressione disumanizzata ci riteniamo vittime dovendo vedere nuovamente distrutti quei Diritti Fondamentali dell’uomo e quella Dignità Umana che fanno dell’uomo un’umanità più autentica».