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«Riaprono le Rsa trentine? Si informano tutti tranne i lavoratori»

Dura la Fp Cgil: conferenze stampa ma nessuna comunicazione a chi permetterà il ritorno delle visite dei parenti. E puntano il dito sulla fuga del personale



TRENTO. «Abbiamo appreso, dai media, che nelle Case di riposo trentine si adottano le nuove linee guida che garantiscono maggiore facilità di accesso per le visite. La notizia è positiva, visto che si restituisce agli anziani il bene primario dell'affetto dei cari.

Ma è grave che questo tipo di novità vengano presentate alla stampa e alla cittadinanza da assessore provinciale, dirigente generale del Dipartimento salute, dai vertici di Upipa e Spes senza che nessuno, tra questi, abbia minimamente considerato di informare le rappresentanze del personale, per la opportuna verifica sulle ricadute organizzative e magari concordando le migliori modalità di una riapertura che, va ricordato, potrà essere garantita proprio da chi nelle Rsa lavora quotidianamente».

Queste le parole della Fp Cgil del Trentino, con Luigi Diaspro e Alessandro Lazzarini, che nei giorni scorsi avevano sottolineato quante difficoltà siano presenti nelle strutture trentine. «Il personale fugge dalle Rsa perché il contratto e le condizioni di lavoro sono migliori negli ospedali; il rapporto assistente – posti letto non è più adeguato visto che l’utenza è sempre più anziana e con patologie sempre più complesse; un solo infermiere segue interi piani o strutture prendendo decisioni delicate in assenza del medico; molti Oss scelgono di cambiare mestiere.

Problemi strutturali che richiedono soluzioni strutturali, da pianificare di concerto coi lavoratori e i loro rappresentanti. Ma certo, organizzare conferenze stampa sulle riaperture è decisamente più facile e piacevole».

Il tema – prosegue la Fp Cgil – è strettamente connesso a quello della soluzione, decisamente discutibile, che Opera Armida Barelli e Upipa stanno promuovendo per formare ausiliari dell’assistenza che, con 68 ore di formazione, dovrebbero sostituire gli Oss che, invece, studiano per 2 anni con 1.400 ore tra lezioni e pratica.

«Le soluzioni vere, strutturali, di lungo periodo devono partire dai percorsi di accesso alle professioni, dall’aumento dei parametri assistenziali, dal riconoscimento delle professionalità con un nuovo Ordinamento professionale, dall’immediata attivazione dei tavoli per il rinnovo del contratto, dalla revisione del sistema indennitario».













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