La sentenza

Giuri assolta in sede penale e ora anche in Corte dei Conti

Indagine sugli appalti dell’Università. “Cinque anni d’inferno, ma credo nella giustizia. Solo i coraggiosi mi sono stati vicini”



TRENTO. Prima l'assoluzione in sede penale, poi l'assoluzione anche in Corte dei Conti. Per Lucilla Giuri è la fine di un incubo giudiziario durato cinque anni.

Cinque anni di inchiesta, con un un processo penale e uno in Corte dei Conti e soprattutto cinque anni difficili anche per le ripercussioni che la vicenda ha avuto per le durissime accuse che le erano state mosse.

Ora Lucilla Giuri, l’ex assistente di Rinaldo Maffei, nella segreteria tecnica della direzione patrimonio immobiliare e appalti dell’Università di Trento, è stata assolta dalla Corte dei Conti dopo avere avuto una assoluzione anche in sede penale.

«Ho avuto tanta solidarietà, ma non solo. Certo non ho avuto tutele dall’Università», dice lei, che in ateneo ancora ci lavora ma con un ruolo diverso da quello che aveva, di fatto ancora demansionata.

La vicenda è quella di importanti lavori realizzati dall’Università dal 2013 al 2016: il nuovo Rettorato, la sala lettura presso il dipartimento di Economia, la nuova sede della direzione Patrimonio Immobiliare. Erano anni in cui quella direzione era stata chiamata a portare a termine progetti importanti in fretta. E lo ha fatto, pur «con un carico di lavoro davvero pesante».

Nel 2016 però l’ indagine che, banalizzando moltissimo, ipotizzava illeciti nella gestione di quegli appalti, con spezzettamenti che avrebbero dato la possibilità di “pilotare” l’assegnazione dei lavori e con l’eccessivo ricorso a professionisti esterni all’Università.

Da quell’inchiesta assieme al dirigente Rinaldo Maffei è stata travolta anche Lucilla Giuri, appunto. In attesa delle motivazioni dell’assoluzione in sede penale, quelle della Corte dei Conti chiariscono che non ci fu danno erariale, prima di tutto. E poi che non ci sono elementi per parlare non solo di dolo - perché la procura della Corte dei Conti quello ipotizzava - ma nemmeno di colpa.

Per andar sul tecnico, l’avvocato Flavio Maria Bonazza - che l’ha difesa assieme al collega Gianpiero Mattei - chiarisce che «è stata esclusa qualsivoglia situazione soggettiva di colpa grave imputabile alla signora Giuri, ribadendo, invece, come le condotte da lei assunte rappresentassero null’altro che l’espressione di doverosi adempimenti degli indirizzi e degli ordini scaturenti dal suo superiore gerarchico, per giunta coerenti con la tipologia di mansioni a lei attribuite ed, infine, è stata disconosciuta qualsivoglia valenza probatoria, in un’ottica pretesemente confermativa degli assunti attorei, a quanto dichiarato nel corso delle indagini preliminari da parte di suoi colleghi, ritenendo le stesse mere “interpretazioni soggettive” prive di rilevanza su un piano probatorio».

Ma questo è il diritto. Tutt’attorno resta, come detto, la vicenda umana. Giuri parla di «un po’ di luce, dopo 5 anni»: «Ora spero non ci siano più dubbi sulla mia innocenza, buona fede ed onestà. Sono felice che finalmente possa essere riconosciuto il duro lavoro del mio capo, il dottor Maffei, al quale per anni ho creduto ed a cui ho dato il mio supporto per raggiungere obiettivi non personali, ma al servizio della nostra università. Fino al 2016 abbiamo avuto dei riscontri positivi e la stima di molti. Poi sono arrivate maldicenze , invidie, e delle persone con un grande ego che volevano dimostrare il contrario. Ho ricevuto in questi anni la solidarietà di molti, ma sono stata anche discriminata e condannata prima di essere processata. Solo i coraggiosi mi sono stati vicini, quelli che hanno creduto nella mia onestà e nella giustizia».

Ora Giuri resta in attesa delle motivazioni dell’assoluzione (con formula piena) del 2019. Solo con quelle la sentenza potrà passare in giudicato. Ora comunque riparte, e riparte dall’università: «Cercherò con loro un accordo diverso».













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