Vecchia Rendena: bagno di folla per l’edizione 33
Bocenago. «Dica 33!». Non siamo dal dottore per un consulto, ma a Bocenago che, nel giorno di ferragosto ha presentato la Rendena di fine Ottocento. Ebbene sì, sono passati 33 anni dall’intuizione di...
Bocenago. «Dica 33!». Non siamo dal dottore per un consulto, ma a Bocenago che, nel giorno di ferragosto ha presentato la Rendena di fine Ottocento. Ebbene sì, sono passati 33 anni dall’intuizione di Giulio Ferrazza di «fare una sagra diversa» per presentare l’anima della Rendena e le sue vere radici.
La “Vecchia Rendena – come eravamo …quattro passi tra vecchi mestieri e usanze” ha calamitato a Bocenago i sorrisi sinceri di circa 10.000 visitatori. Curiosi di respirare quell’atmosfera antica e suggellare un patto non scritto tra la modernità di migliaia di telefonini tesi a catturare un frammento del passato e i tanti racconti dal vivo della vita e sapori di una volta. Comitato “Vecchia Rendena”, Comune e Pro Loco di Bocenago, insieme a moltissimi volontari hanno replicato una manifestazione unica nel suo genere.
Walter Ferrazza, sindaco di Bocenago, conferma «la trentatreesima edizione è stata un grande successo, un amore profondo e incondizionato, un impegno totale di conservare le tradizioni». Il cuore della festa è la ricerca di autenticità di oltre 60 vecchi mestieri e 270 figuranti. Uomini, donne e bambini, che hanno messo a disposizione un po’ del loro tempo libero per proporre rievocazioni storiche, dimostrazioni di antichi mestieri, degustazioni di piatti tradizionali e laboratori didattici. «Insieme, aggiunge Ferrazza, abbiamo rispettato il significato della manifestazione».
Questa “Capitale etnografica del Trentino” ha rappresentato la vita quotidiana di un tempo in un contesto d’eccellenza. Le lavandaie alla fontana, spaccapietre, carbonai, ramai, casari, bambini a scuola, corte asburgica, cantori, caprai, giovanissimi Vigili del fuoco che hanno domato un incendio simulato coi secchi in tela e la vecchia pompa azionata dai colleghi adulti. Non si è trattato di una rievocazione nostalgica intrisa di struggente malinconia per un mondo rurale di miseria e dolore, ma di «una gigantesca festa della tradizione», un percorso nei saperi e sapori del passato, coi visitatori protagonisti e spettatori.
Walter Ferrazza conclude «qualcuno ha detto che una tradizione non si rispetta riproducendone la formula, ma esaltandone i significati. Noi ogni anno riempiamo di senso la nostra storia», permettendo ai giovani di custodire il passato e progettare il futuro.