Genitori con tre figli piccoli costretti a dormire all’aperto a Bolzano
Il dramma di una famiglia pakistana. Respinti dalla Svezia, Kazmi con la moglie e i piccini sono arrivati a Bolzano dove l’unica soluzione imponeva di dividersi dai bambini: hanno rifiutato
BOLZANO. Kazmi ha compiuto 43 anni lo scorso 4 marzo, è nato nella città pakistana di Quetta, a poco più di tre ore dal confine sud orientale con l’Afghanistan, di cui erano originari i suoi nonni. Qualche settimana fa, Kazmi ha preso una decisione difficilissima, ma inevitabile: lasciare la sua terra e dare un futuro migliore ai suoi tre figli. Un salto nel buio. Mille le incognite e altrettante le paure. L’uomo ha raccolto le poche cose indispensabili e, insieme alla moglie di 38 anni e ai figlioletti di 9, 5 e 2 anni, s’è messo in viaggio verso la Svezia. Molti di noi, sorseggiando una buona birra comodamente seduti sul divano di casa, penseranno che la scelta di Kazmi sia stata pura follia.
Per capire che non è così, basterebbe immaginare per un solo istante di vivere in Pakistan, uno stato in guerra da decenni, da una parte con l’India, per la contesa del Kashmir, e, sul fronte interno, con numerose formazioni armate di fondamentalisti islamici. E Kazmi deve aver pensato di aver fatto la cosa giusta anche quando la Svezia ha negato l’ingresso a lui e alla sua famiglia, costringendolo a cambiare tutti i programmi. Due giorni fa, il quarantatreenne è arrivato a Bolzano con moglie e figli, dopo aver attraversato tutta la Germania. Qui, però, ha scoperto che lui, la consorte e i loro bambini erano diventati all’improvviso dei fantasmi.
E tali sono rimasti fino a ieri, 2 aprile, giorno in cui si sono recati in questura per essere registrati e dare il via alle pratiche necessarie alla richiesta d’asilo. Nel frattempo la famiglia pakistana ha dormito all'addiaccio, in un angolo nascosto nella nuova stazione degli autobus. Nonostante le temperature scendano ancora parecchio, durante la notte, Kazmi e alcuni connazionali residenti a Bolzano che lo stanno aiutando non sono riusciti a trovargli un alloggio temporaneo. «Ci siamo rivolti a Infopoint di Volontarius – spiegano – ma l’unica soluzione percorribile non può essere accettata da Kazmi e da sua moglie: i tre figli verrebbero ospitati in una struttura mentre i due genitori, separati a loro volta, troverebbero alloggio in altre due».
Passi quest’ultima eventualità, ma i coniugi proprio non se la sentono di separarsi dai figli, soprattutto dai due più piccoli. Nessuno, ovviamente, mette in dubbio la serietà e la capacità degli operatori, ma pensare di separarsi dai bimbi, che ovviamente non parlano l’italiano e non hanno la misura di cosa stia accadendo, è un’idea che mamma e papà hanno subito respinto. «Le assistenti sociali – proseguono – hanno detto loro, in maniera fin troppo chiara, che qui non c’è posto, offrendo alla famiglia di pagare i biglietti ferroviari per qualsiasi nazione europea».
Questo è ciò che i connazionali di Kazmi riferiscono d’aver sentito nelle scorse ore, mentre cercavano una sistemazione temporanea per i cinque profughi “invisibili”. Intanto, i due adulti e i tre piccini resteranno a dormire sotto le stelle e, non è affatto scontato, che la loro situazione migliori dopo il 2 aprile, con la registrazione che ufficializza il loro arrivo in Italia. È davvero possibile non ci siano altre soluzioni?