i dati

Gender pay gap: in Trentino le donne guadagnano il 31% in meno degli uomini

Più sale la retribuzione media e più aumenta anche la differenza salariale: l’analisi dell’Ispat



TRENTO. Quanto vale, in termine di salario, essere donna o essere maschio? Posta così la domanda è estremizzante ma il Gender Pay Gap – ossia la differenza di retributiva di genere – ha un valore che viene analizzato. E che recentemente è stato aggiornato anche a livello trentino dove il “gpg” è pari al 31%. E a guadagnare di più è il lavoratore maschio.

La percentuale è stata elaborata dall’Istituto di statistica della provincia di Trento (Ispat) che ha recentemente aggiornato al 2019 l’indicatore che riassume le differenze retributive di genere in Trentino.

L’indicatore sul Gender Pay Gap, cioè il differenziale salariale donna-uomo, è utilizzato dalla Commissione europea per confrontare i salari percepiti da uomini e donne nei paesi dell’Unione europea. Nel 2019 le statistiche dell’Unione europea fotografano una retribuzione media per ora lavorata dalle donne del 13,7% inferiore rispetto a quella degli uomini. In Italia il differenziale si posiziona al 4,7%.

In Trentino la retribuzione giornaliera media ammonta nel 2019 a 88,1 euro.

Il divario tra maschi e femmine – spiega l’Ispat – è rilevante: 101,6 euro per gli uomini a fronte di 70,1 euro per le donne. Il differenziale salariale è pari al 31% .

"Le differenze nelle retribuzioni tra uomini e donne – specifica l’analisi dell’istituto di ricerca - devono essere interpretate come il risultato di un confronto tra due popolazioni di lavoratori che presentano caratteristiche diverse . Il dato sul Gpg cambia infatti notevolmente se si considera, ad esempio, il differenziale tra lavoratori a tempo pieno e lavoratori a tempo parziale.

Nel primo caso l’indicatore per il Trentino è pari al 15,9%, mentre nel secondo caso scende all’8,9% come risultato dell’elevata incidenza di donne impiegate a tempo parziale (il 54,6% contro il 16,5% degli uomini).

L’analisi condotta per settore economico, considerando in questo caso i soli lavoratori e le sole lavoratrici a tempo pieno, conferma un differenziale retributivo quasi costantemente a favore della componente maschile; poche le eccezioni, concentrate in quei settori dove peraltro la presenza delle donne è molto contenuta.

Nei settori in cui la retribuzione giornaliera media è relativamente minore si osserva parallelamente un valore del Gpg marcatamente più contenuto. Un esempio è rappresentato dal comparto dei servizi di alloggio e ristorazione, dove il Gpg scende al 15,3%, che presenta una retribuzione, sia maschile che femminile, fra le più basse tra i settori economici.

Viceversa, nei settori dove la retribuzione è elevata, anche il Gpg risulta generalmente maggiore. Un esempio è rappresentato in questo caso dai comparti immobiliare e finanziario-assicurativo che presentano un Gender Pay Gap superiore al 35%.

Il differenziale retributivo di genere aumenta tendenzialmente con l’età. Infatti, la retribuzione media giornaliera per le donne passa da 57,9 euro nella fascia di età fino a 19 anni al picco massimo di 101,3 euro nella classe 50-54 anni per poi ridursi fino a 90,9 euro della classe 65 anni e oltre.

Per gli uomini la retribuzione nella classe fino a 19 anni è pari a 61,8 euro, cresce nelle classi quinquennali fino a raggiungere il suo massimo, pari a 140,9 euro, nella classe 60-64 anni per poi ridursi a 108,2 euro nella classe 65 anni e oltre.

Il Gpg per classe di età cresce nell’età lavorativa e presenta il valore più elevato, pari a 42,1%, nella classe 60-64 anni.

Secondo la qualifica professionale, escludendo gli “apprendisti” e la voce “altro”, non si osservano particolari differenze nei livelli del Gpg: la distanza fra uomini e donne è pari al 22,9% per gli operai, al 25,3% per gli impiegati, al 17,5% per i quadri e del 20,6% per i dirigenti.

Secondo la tipologia contrattuale, le differenze retributive si confermano evidenti: se per i lavoratori a tempo indeterminato il livello medio del Gpg è pari al 16,4%, il valore si contrae in modo significativo per i lavoratori a tempo determinato (11,8%). Per i lavoratori stagionali l’indicatore si riporta al 19,1%”. (foto Ansa)













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