L'ANNIVERSARIO

Bolzano, trent’anni fa le bombe di “Ein Tirol” 

Quattro le esplosioni il 17 maggio del 1988, ultimi colpi di coda degli irredentisti


di Stefan Wallisch


BOLZANO. Nella notte del 17 maggio 1988 i bolzanini vengono svegliati da una serie di forti detonazioni.

Sono quattro bombe che esplodono in varie zone della città: la più devastante alla sede Rai, una al Banco di Roma, un’altra alla succursale della Fiat e la quarta davanti ad una casa popolare, abitata soprattutto da lavoratori di lingua italiana.

Gli attentati sono rivendicati dalla sigla separatista “Ein Tirol” e sono solo i primi di una lunga serie di questa “estate calda” in Alto Adige.

Piazza Mazzini quella notte sembra un teatro di guerra: i palazzi con in vetri rotti, auto divelte, una accatastata sull'altra, un motorino addirittura scaraventato decine e decine di metri oltre la Rai, nel cortile interno del palazzo. Solo per un caso fortuito non ci sono vittime. «Ero un giovanissimo pubblico ministero, trovarmi in mezzo a fatti di questa gravità mi ha fatto maturare molto anche sotto il profilo professionale», ricorda Cuno Tarfusser, oggi giudice della Corte internazionale penale dell'Aja. «Sentivo – aggiunge – la responsabilità, la pressione per trovare una soluzione giudiziaria, investigativa in un periodo teso in Alto Adige».

Siegfried Brugger all’epoca è un giovane avvocato, che poi avrebbe difeso uno degli imputati degli attentati. «Era un’estate molto strana, gli attentati sono arrivati dal nulla per poi sparire di nuovo», dice l'ex deputato e segretario della Svp.

Gli attentati contro simboli della cosiddetta “italianizzazione” dell'Alto Adige proseguirono fino in autunno.

«È l’ultima occasione che abbiamo per far capire al mondo che non tutti i sudtirolesi accettano l'annessione all'Italia», affermò in quei giorni in un’intervista Karl Ausserer, considerato il capo di “Ein Tirol”. Da tempo l'altoatesino viveva in Austria. Il suo appello cadde però nel vuoto.

«Ci ha aiutato molto il fatto – ricorda Tarfusser – che non ci fosse nessun tipo di sostegno da parte della popolazione». Secondo il giudice, «ideologi, come Ausserer, hanno usufruito di criminali comuni per cercare di rendere insicura la Provincia». Per Brugger, «c’era molta provocazione da parte di austriaci, ma anche da parte di personaggi locali, ma si trattava di gente sempliciotta che non era senz’altro in grado di ideare qualcosa di importante».

Con l'arresto di Ausserer, a Innsbruck, il 3 novembre 1988, venne messa la parola fine agli attentati irredentisti. Per le bombe di “Ein Tirol” Ausserer fu condannato in contumacia a 15 anni di reclusione e in Austria a 5 anni e mezzo.

Oggi, gli attentati sono solo più un lontano ricordo. «Sono passati trent'anni ma sembra ne siano passati cento», dice il giudice della Cpi.

«È cambiato tutto. Il benessere – spiega – fa sì che non ci sia l'humus per questo tipo di ideologia che ormai è fuori tempo, anche se in altre parti del mondo e dell'Europa ci sono preoccupanti rigurgiti». Per Brugger, «oggi l'Alto Adige Südtirol è la convivenza vissuta. Sono stati fatti passi da gigante con l'attuazione dell'autonomia forte, con la condivisione dei gruppi linguistici».

 













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