In 26 a processo: sono accusati di aver simulato incidenti per truffare Itas Mutua
Ma dopo la prima udienza il giudice del Tribunale di Trento ha comunicato la decisione di astenersi e di rimettere il procedimento nelle mani del presidente, che ora dovrà procedere con una nuova assegnazione. I 19 sinistri stradali che hanno fatto scattare l'allarme e la successiva querela sono avvenuti nel Napoletano
TRENTO - Alla prima udienza sul processo relativo a diversi tentativi di truffa assicurativa ai danni di Itas Mutua, il giudice del Tribunale di Trento ha comunicato la decisione di astenersi e di rimettere il procedimento nelle mani del presidente del Tribunale.
Gli imputati sono complessivamente 26, accusati in concorso di aver falsificato i documenti relativi a incidenti automobilistici mai avvenuti e di aver addirittura simulato delle lesioni fisiche. Le persone rinviate a giudizio risiedono in 24 casi a Napoli e in altri due in Abruzzo.
I fatti risalgono al 2019, quando la compagnia assicurativa con sede a Trento ha rilevato 19 segnalazioni sospette relative ad altrettanti di sinistri stradali avvenuti nella provincia di Napoli, completi delle richieste di rimborso.
La compagnia ha quindi avviato le procedure di approfondimento, segnalando il fatto alla Procura di Trento in forza di un apposito protocollo d'intesa per il contrasto alle frodi. Le successive indagini avrebbero permesso di scoprire un sistema di falsificazione dei documenti relativi agli incidenti stradali per riscuotere i premi assicurativi.
I tentativi di truffa avrebbero coinvolto anche altre compagnie assicurative. Nel procedimento, la compagnia assicurativa trentina si è costituita parte civile. La data della prossima udienza verrà calendarizzata in relazione alla nuova assegnazione del presidente del Tribunale.
A far partire gli accertamenti che sono poi approdati in procura a Trento sono stati degli alert scattati nel settore antifrode della compagnia nei primi mesi del 2019. I nomi dei coinvolti che ritornavano come erano spesso gli stessi anche i mezzi, oltre ad altre precedenti situazioni, hanno portato a bloccare, nella maggior parte dei casi, le richieste di risarcimento. Ed è partita la querela cumulativa.
Ma cosa succedeva in base alle indagini della procura? Per l'accusa c'era un accordo fra le persone coinvolte per simulare degli incidenti stradali e quindi chiedere poi risarcimenti per le conseguenze (non patite). C'erano quindi denunce di tamponamenti, ma anche di investimento di pedoni. A volte a pagare le (finte) conseguenze dell'urto contro un'auto o una motocicletta erano dei ciclisti. In altri casi il risarcimento veniva richiesto per la persone che veniva trasportata. In nessun caso c'era l'intervento da parte delle forze dell'ordine e mai lo scontro è avvenuto a favore di telecamera (quelle deputate al controllo del territorio).
Si ipotizza un danno per la compagnia di decine di migliaia di euro. Che ora si è trasformato in un atto di accusa.