Rifiuti, gli ambientalisti non convincono la giunta: l'inceneritore si farà
Il vicepresidente Mario Tonina ha incontrato le associazioni per un confronto sul tema. Ancora nessuna decisione sulla sede dell’impianto
TRENTO. Possiamo chiamarlo in tanti modi: inceneritore, termovalorizzatore, impianto di smaltimento dei rifiuti non riciclabili: ma non cambia la sostanza. E la sostanza è che l’opzione di realizzare un impianto per il trattamento finale dei rifiuti non è più negoziabile. È questa, in buona sostanza, la posizione della giunta Provinciale, che il vicepresidente Mario Tonina ha ribadito incontrando le associazioni ambientaliste del Trentino, alle quali ha illustrato il cosiddetto Addendum al Quinto Aggiornamento del Piano provinciale di gestione dei rifiuti.
Troppo pressanti le motivazioni che spingono per quella soluzione, è la tesi di Tonina, per potersi permettere una marcia indietro:
- l'inasprirsi delle normative europee
- la non-sostenibilità economica, ambientale ed etica della politica di esportazione dei rifiuti fuori regione
- l'impossibilità di azzerare la produzione di rifiuti, e quindi di raggiungere un risultato indicato solitamente con l'espressione "0 waste"
Infine, le considerazioni riguardanti le ricadute ambientali: gli studi più avanzati dicono che una discarica emette gas serra (responsabili del cambiamento climatico) in quantità 8 volte più alte di un impianto di termovalorizzazione standard.
Tonina si è comunque impegnato ad aumentare ulteriormente la percentuale di raccolta differenziata, migliorarne la qualità e incentivare la riduzione del rifiuto.
All’incontro erano presenti i rappresentati di WWF, Legambiente, Salviamo Pergine, Mountain Wilderness, Ledro Inselberg, Italia Nostra. Le associazioni ambientaliste ritengono che il realizzarsi di alcuni degli scenari da loro stesse presentati renderebbe comunque inutile un impianto di smaltimento dei rifiuti ora: si potrebbe attendere (un periodo variabile fra i 12 e i 15 anni, a seconda dello scenario previsto riguardante il tempo di vita utile della discarica) e poi aprire eventualmente una nuova discarica.
La Provincia ha replicato sottolineando la necessità di procedere con la realizzazione di un impianto di recupero. Innanzitutto una discarica deve essere utilizzata solo in modo residuale (per ceneri e altri rifiuti che non possono essere trattati diversamente), anche perchè in termini di gas serra inquina molto di più rispetto a un termovalorizzatore standard.
Non solo: le normative attuali penalizzano chi continua a portare i rifiuti fuori regione (al netto di ogni altra considerazione di carattere etico). Di conseguenza, il costo derivante dall'export dei rifiuti è alto e continuerà ad aumentare, diventando più alto rispetto a quello del trattamento in loco: oggi è richiesto un costi di almeno 240 euro a tonnellata di rifiuto indifferenziato trattato per essere recuperato in impianti di recupero energetico (costo che aumenterà ulteriormente per le penali che l'ARERA-Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente farà pesare a chi esporta rifiuti fuori dal nostro territorio provinciale) a fronte dei circa 160 euro richiesti lo scorso anno.
Nel corso dell'incontro sono state esaminate anche alcune "false credenze" in materia di rifiuti. Ad esempio, la possibilità di realizzare un impianto PAP (per i soli tessili sanitari, in sostanza pannolini): l'unico esistente in Italia al momento è stato disattivato per ragioni gestionali.
Per quanto riguarda il Trattamento meccanico-biologico, dal quale, secondo le associazioni ambientaliste, verrebbe ricavato rifiuto recuperabile e rifiuto combustibile, i dati nazionali mostrano che in realtà esso consente il recupero di una percentuale di poco superiore all'1% del rifiuto. Il trattamento in questione risulterebbe essere quindi di fatto un pre-trattamento, prima della destinazione finale del rifiuto alla discarica o all'incenerimento.
Per quanto riguarda i volumi di conferimento alla termovalorizzazione, ipotizzati dalla Provincia in circa 80.000 tonnellate all'anno, le associazioni sostengono che la quantità si potrebbe ridurre di 20.000 tonnellate circa; le stime dell'APPA indicano invece che rispetto alla situazione attuale si possa recuperare ancora una quantità di residuo di 7.000 tonnellate massimo con la raccolta differenziata e queste valutazioni sono state riportate in uno specifico scenario.
Esiste insomma una soglia "fisiologica" oltre la quale diventa pressoché impossibile andare con la raccolta differenziata. Per la Pat, inoltre, gli studi mostrano che se aumenta la differenziata aumenta anche lo scarto all'interno della differenziata stessa (con conseguente peggioramento della sua qualità). Va tenuto conto del fatto che oggi il Trentino è uno dei territori più virtuosi d'Italia, quindi è evidente che incontri maggiori difficoltà ad aumentare ulteriormente la quota di differenziata.
Infine: l'Addendum considera il problema ceneri, che vanno in discarica o a recupero se vetrificate (nell'Addendum cautelativamente sono state considerate come conferite in discarica). Riguardo al rientro economico, invece, oltre alle considerazioni già espresse, si tenga presente che ad esempio la Lombardia, che ha il maggior numero di termovalorizzatori, ha impianti per recupero energetico di 60-80.000 tonnellate all'anno, come quello ipotizzato dal Trentino. L'addendum contiene anche l'analisi economica redatta da FBK che indica un costo complessivo della lavorazione svolta dall'impianto nell'ordine di 155-255 euro a tonnellata circa, senza considerare i ricavi, e in funzione delle diverse tecnologie che possono essere scelte.
In altra sede, dopo la riunione di Giunta, Tonina ha anche precisato che “ad oggi non abbiamo ancora deciso dove sarà collocato l’impianto”. “Ischia Podetti è infatti una delle ipotesi contenute nell’addendum al Quinto aggiornamento al piano rifiuti, assieme all’area del nuovo depuratore Trento 3 fra il capoluogo e Besenello e all’area dei Lavini a Marco di Rovereto”, ha sottolineato il vicepresidente.