Quello che manca è una cultura della bicicletta
La notizia della morte di Michele Scarponi mi ha raggiunto mentre ero in sella alla mia bicicletta. Ho seguito due Giri d’Italia per intero, in un’altra decina di edizioni sono salito – anche in bicicletta – sulle Dolomiti per raccontare le imprese del nostro Gibo, di Basso, Nibali e del povero “Scarpa”, campione della fatica e della simpatia: non sono luoghi comuni, l’Aquila di Filotrrano lo era davvero. Per questo, ma soprattutto per il mio amore per la bicicletta, quelle appena trascorse sono state due giornate terribili. La tragica fine dello scalatore marchigiano ripropone infatti nel modo più drammatico il tema della sicurezza dei ciclisti sulle strade del nostro disastrato Paese.
L’amico Manuel Quinziato ha già avuto modo d’invocare – proprio dalle colonne di questo giornale – l’adozione di una legge a tutela di tutti coloro che le percorrono in sella ad una “due ruote”. Ma – più che una legge – quello che serve è una cultura della bicicletta, strumento straordinario sotto tutti i punti di vista: per il traffico, per la nostra salute, addirittura come volano turistico. La cultura del rispetto per i ciclisti – che è rispetto per la vita, perché in un incidente stradale i ciclisti pagano sempre le conseguenze più gravi – andrebbe insegnata nelle scuole. Mi rivolgo alla politica: facciamolo per Michele, facciamolo per chiunque va in bicicletta, facciamolo per noi.