Addio a Moltrer, il mocheno che si faceva capire da tutti

Prima seduta Consiglio Provinciale XV legislaturaDiego Moltrer amava la sua “lingua”, il mocheno. La amava a tal punto da decidere di usarla per il discorso ufficiale in aula una volta eletto presidente del Consiglio Regionale. Veniva da Fierozzo, un paese piccolo e a molti sconosciuto, ma il suo orizzonte era ampio.



Moltrer era il mocheno del piccolo paesino che aveva conquistato “la città”, Pergine, ma anche l’Alta Valsugana alle ultime provinciali. Un incredibile asso pigliatutto per il Patt, il cui unico segreto era di essere affidabile. «Era uno che risolveva i problemi» - dice oggi il segretario del partito Franco Panizza. Era però anche uno che conosceva la sua gente. Anzi, che conosceva “la” gente. Milordo possedeva infatti una naturale attitudine a farsi ben volere, a legare con le persone, come quell’amico che incontri sempre con piacere.
Quasi come un marziano era approdato in consiglio provinciale e in molti cronisti lo ricordano agghindato con i suoi adorati abiti tirolesi presentarsi in sala stampa un po’ stranito di tutta quella attenzione mediatica. Quello, signore e signori, era il Patt più tradizionale, quell’ala popolare - ma non avanti con l’età - che aveva sbaragliato alle amministrative. Moltrer era il capofila di quella squadra di sindaci - da Walter Kaswalder a Graziano Lozzer - che aveva esaurito il proprio impegno per le comunità di appartenenza e ora tentava il grande salto nella politica che conta.

Con loro - il trio dei sindaci - il Patt ha portato in consiglio provinciale la “politica di governo” più autentica, quella che non parla troppo ma che conclude molto. In un anno Moltrer ha preso in mano la grana dei vitalizi e senza sottostare a troppi condizionamenti ha fatto rientrare nelle casse della regione 20 milioni di euro. Chapeau.
Al di là dell’aspetto umano - che pur è di somma rilevanza nella perdita di Milordo - con la sua prematura scomparsa il Patt perde un politico vigoroso nel difendere le proprie idee, ma straordinariamente avvezzo al dialogo e alla mediazione. Ma dice anche addio ad un valore aggiunto che nessun altro - forse - saprà garantirgli. Un valore aggiunto vitale per gli equilibri delle alleanze autonomistiche: la singolare capacità di legare con il mondo germanofono. Per lui - mocheno tradizionalista - i rapporti con gli altoatesini erano schietti e sinceri. Si capivano al volo perché, in fin dei conti, con quel mondo che guarda a nord i punti di contatto erano di sostanza e non solo di opportunità. «Per il Patt - conferma Panizza - metterlo alla presidenza del consiglio regionale (ruolo già ricoperto da altri due illustri autonomisti come Guido Sembenotti e Franco Tretter, ndr) è stato un passaggio rivelatosi decisivo. Diego ha dimostrato di potersi accreditare come raccordo prezioso con i nostri alleati altoatesini e, anche in questo senso, la sua mancanza si farà sentire tanto».
Nel Patt Diego Moltrer ha percorso tutte le tappe di avvicinamento ai luoghi del potere vero: prima sindaco per tre mandati (sulle orme del padre) in quella valle dei Mocheni che fu la culla di un altro grande autonomista, Enrico Pruner. Poi eletto nella Comunità di valle e quindi l’approdo in consiglio provinciale sull’onda di quasi 5000 preferenze che hanno garantito al partito il controllo assoluto dell’Alta Valsugana. Terra invero notoriamente autonomista, ma che nelle mani sapienti di Milordo Moltrer si era rivelata un autentico tesoro del consenso. Esagerazioni? Provate ad entrare in qualche locale di Fierozzo e - se vi capita - magari osservate sopra la cassa. Potreste imbattervi (come è capitato l’anno scorso a chi scrive) in una foto in posa di Moltrer che vi fissa con sguardo fiero.
Questo era Moltrer per la sua terra e sarà difficile per il Patt trovare un capopopolo amato e rispettato quanto lui. Ma soprattutto in grado di portare nella politica non solo i voti veri, ma anche l’entusiasmo e la genuinità di una valle intera.

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