Marmolada, crollo del ghiacciaio causato da «eccesso di acqua di fusione»
Lo studio dell'Università di Padova. Dietro il distacco, sotto il quale morirono 11 persone, le temperature anomale. Quel giorno in quota c'erano 10,7 gradi.
PADOVA. Il 3 luglio 2022 si staccarono improvvisamente dal ghiacciaio della Marmolada, nelle Dolomiti, circa 64.000 tonnellate di acqua, ghiaccio e detriti rocciosi, dando origine ad una valanga che ha travolto e ucciso 11 alpinisti, mentre altri 7 sono rimasti feriti. A meno di un anno di distanza dalla tragedia, un team internazionale di ricercatori coordinato da Aldino Bondesan dell'Università di Padova ha pubblicato uno studio che costituisce il primo lavoro che indaga le possibili cause e i meccanismi del collasso.
La valanga di ghiaccio e detriti si arrestò in un canalone dopo aver percorso circa 2,3 chilometri lungo il pendio. Il crollo avvenne nella parte alta del versante settentrionale della Marmolada, a quota 3.213 metri, e interessò un lembo sommitale del ghiacciaio, nei pressi di Punta Rocca. L'energia sismica rilasciata dall'evento è stata paragonabile a un terremoto di magnitudo pari a 0,6.
«Un'analisi dettagliata delle immagini satellitari e aeree stereoscopiche, scattate prima e dopo l'evento, ci ha consentito di analizzare le modalità di collasso - spiega Bondesan – il distacco è stato in gran parte causato da un cedimento lungo un crepaccio mediano, in parte occupato da un enorme volume di acqua di disgelo generato dalle temperature altamente anomale della tarda primavera e dell'inizio dell'estate. Al momento dell'evento erano stati raggiunti in quota i 10.7 gradi».
La fitta rete di crepacci insieme alla morfologia e alle proprietà della superficie rocciosa basale hanno predisposto questo settore glaciale al collasso, «la cui causa scatenante - sostiene Bondesan - è da individuarsi nella pressione sovrastante causata dall'eccesso di acqua di fusione».