Pipistrelli e Covid-19, tutto quello che bisogna sapere
Intervista a Stefania Leopardi. Parla la specialista di zoonosi dell’Istituto Zooprofilattico «Sono animali innocui, i problemi nascono solo dove vengono cacciati, macellati e mangiati» La ricerca: «Il loro sistema immunitario può insegnarci come combattare il virus»
TRENTO.
Stefania Leopardi È veterinaria esperta nel campo delle malattie infettive nell'interfaccia uomo-fauna selvatica, con particolare interesse per i chirotteri. ha esperienza clinica anche nella medicina dei piccoli animali e degli animali selvatici ed esotici. oggi lavora come veterinaria ricercatrice nel Laboratorio zoonosi emergenti e riemergenti dell’ istituto zooprofilattico sperimentale delle venezie (izsve). con lei abbiamo parlato di pipistrelli, animali su cui in queste settimane di coronavirus si sono centrate fake news e paure irrazionali ma che, inevitabilmente, resteranno sotto i riflettori ancora per un bel po’. si ipotizza infatti che lo “spillover”, il salto di specie del virus dall’animale all’uomo abbia come origine proprio i pipistrelli, probabilmente attraverso un passaggio intermedio su un secondo animale selvatico, il pangolino. vale dunque la pena fare un po’ di chiarezza.
Cosa succede a un virus che incontra il sistema immunitario dei pipistrelli?
Recentemente alcuni studi immunologici sui chirotteri stanno iniziando a fare un po’ di chiarezza su come virus come Marburg o Nipah non causino malattia nei loro ospiti naturali, delle specie, appunto, di pipistrello. Stiamo però anche capendo in modo sempre più chiaro che parlare di virus e di pipistrello rappresenta una generalizzazione scorretta, sia dal punto di vista epidemiologico (non tutti i pipistrelli sono portatori di tutti i patogeni) che per quanto riguarda la ricerca relativa al loro sistema immunitario. Nel mondo ci sono più di 13000 specie che hanno iniziato a differenziarsi tra di loro 65 milioni di anni fa, arrivando ad occupare tutte le nicchie ecologiche, a differenziarsi in modo estremo per la taglia, l’alimentazione, la riproduzione, la capacità migratoria e persino il modo di volare e di emettere ultrasuoni. Tutte cose che il profano utilizza per descrivere genericamente un pipistrello. Allo stesso modo, i virus non sono tutti uguali, ma sfruttano in modo differente i loro ospiti, sempre con l’intento di aggirare il sistema immunitario.
E dunque?
La maggior parte degli studi effettuati ad oggi supporta l’ipotesi che i chirotteri combattano le infezioni virali soprattutto utilizzando quella che è chiamata immunità innata, ossia un sistema di “attacco” rapido che è indipendente dall’agente patogeno entrato nell’organismo. Questo sistema, che rappresenta la prima linea della risposta antivirale anche nell’uomo, sembra essere molto più rapido e molto più efficace nei pipistrelli, anche se con alcune differenze. Prendiamo per esempio una delle molecole maggiormente coinvolte nella risposta antivirale, l’interferone alfa. Nell’uomo l’interferone alfa viene prodotto quando l’organismo si accorge della presenza di DNA o RNA virale. Recentemente, è stato dimostrato come questa molecola sia costantemente presente in alcune specie di chirotteri, mentre altre abbiano altri sistemi che prevedono l’attivazione della risposta antivirale anche in assenza dell’interferone stesso. Tuttavia, è critico sottolineare come ad oggi siano state studiate solo un numero molto limitato di specie in sistemi cellulari, e ancora meno siano state investigate in vivo, spesso tramite infezioni con ceppi virali umani e/o in specie diverse dagli ospiti naturali dei virus stessi. Questo rende estremamente difficile capire i meccanismi esatti che rendono i pipistrelli meno suscettibili alle conseguenze delle infezioni virali, che probabilmente sono peculiari per ogni sistema ospite-patogeno, ossia per ogni specie con il proprio virus. La scienza, però, va avanti.
I pipistrelli, in particolare in Europa, possono trasmettere direttamente all'uomo virus potenzialmente dannosi ?
Se da una parte è ormai comprovato come le diverse specie di chirotteri, anche Europei, alberghino molti virus, è altrettanto vero che la potenzialità infettiva per l’uomo della maggior parte di questi rimane sconosciuta. Ad oggi, gli unici virus zoonotici (in grado di essere trasmessi dagli animali all’uomo e viceversa, ndr) presenti nei pipistrelli Europei appartengono al genere Lyssavirus, che comprende, tra gli altri, il virus della rabbia. Sebbene questi virus possano a loro volta causare la malattia, i casi nell’uomo si contano sulle dita di una mano, principalmente perché il virus è molto raro e la trasmissione di questi virus necessita di un contatto diretto con l’animale, di solito con un morso profondo, evento molto raro per chi non si occupa di chirotteri.
E , rabbia a parte, gli altri virus?
Sempre a livello di chirotteri euroepi, molti di questi sono totalmente diversi dai virus umani, rendendo improbabile che possano rappresentare un pericolo. Altri, invece, sono in parte simili a patogeni umani. Tuttavia, anche in questo caso, è opportuno parlare di “potenziale zoonotico”, non di capacità accertata di infettare l’uomo. Da un punto di vista di precauzione, è necessario adottare le stesse misure igieniche che si adotterebbero in presenza di animali, soprattutto selvatici, senza avere paura di potersi prendere facilmente malattie strane. Ad esempio, se abbiamo degli ospiti pipistrello in casa basta tenere pulito il balcone e mantenere una buona igiene delle mani . Niente di più e niente di meno di quello che si farebbe in presenza di nidi di uccello, per esempio, mentre è necessario essere più cauti solo se ci si trova in luoghi chiusi con molti chirotteri (es grotte) dove è possibile l’aerosolizzazione di eventuali virus.
Cosa possiamo imparare studiandoli, anziché temendoli?
Circa un decennio dopo le prime segnalazioni dei chirotteri come portatori di patogeni ad alto impatto potenziale per la sanità pubblica, il fatto che questi animali rimanessero per lo più sani inizia a diventare, per certi versi, una questione interessante quanto l’infezione stessa. Non possiamo evitare che gli animali selvatici siano portatori di virus, così come, ad esempio, noi umani siamo portatori dei nostri, ma abbiamo molto da imparare su come le specie animali abbiano trovato un strada di “pacifica convivenza” col virus. Studiare il sistema immunitario dei pipistrelli può aiutarci oggi a capire come proteggerci a nostra volta, sia per quanto riguarda la lotta contro i virus, ma anche per quanto riguarda la resistenza ai fenomeni infiammatori. Ad esempio, sembra che molti dei danni più gravi riscontrati in pazienti Covid-19 siano associati ad uno squilibrio della risposta immunitaria oltre che all’azione diretta del virus. Per spiegare in parole semplici, l’organismo risente sia dell’attacco dei nemici che delle bombe lanciate contro il nemico per proteggersi. E’ possibile quindi che alcune specie di chirotteri, come gli ospiti naturali dei coronavirus tipo Sars, non siano semplicemente più brave a combattere questi agenti patogeni, ma siano soprattutto più brave a proteggersi durante gli attacchi. In questo senso, alcuni scienziati hanno ipotizzato che la minore suscettibilità dei chirotteri all’infiammazione sia un adattamento al metabolismo elevato che devono sopportare durante il volo attivo, e che possa essere alla base anche della loro longevità impressionante rispetto alla taglia e possa conferire anche una minore suscettibilità ai tumori. Un elisir di lunga vita insomma.
Questa crisi può fornirci anche una, dolorosa, opportunità per imparare qualcosa sul nostro rapporto con gli ecosistemi?
Decisamente. In generale, la capacità di un virus di passare da una specie all’altra è un fattore di probabilità, per cui le specie, come i chirotteri, con più virus hanno più probabilità di avere un virus in grado di infettarci. Sebbene questo sia vero è importante ricordare che la presenza del virus non è l’unico fattore in gioco nella trasmissione, poiché il passaggio non può avvenire in assenza di un contatto efficace. La vicinanza tra ospite serbatoio, i pipistrelli, e ospite ricettivo, nel caso di Covid l’uomo, è infatti il secondo fattore fondamentale per determinare il rischio che un determinato serbatoio animale possa essere coinvolto in una zoonosi. Da questo punto di vista, i chirotteri, sono tutt’altro che in prima linea, perché i contatti con l’uomo sono davvero minimi, direi irrilevanti, rispetto ad altri gruppi, soprattutto di animali domestici ma anche di roditori che gravitano attorno agli spazi abitati dall’uomo. Non a caso, le malattie causate da virus associati ai chirotteri sono emerse esclusivamente in paesi dove i pipistrelli vengono cacciati attivamente, macellati e mangiati - per due volte in Cina, va ricordato - o dove l’ecologia dei chirotteri è stata profondamente alterata dai fenomeni di distruzione degli habitat, spingendoli a una vicinanza obbligata con l’uomo e gli animali domestici. Le epidemie non sono causate dai patogeni, ma da come l’uomo interagisce con l’ambiente, rispettando o distruggendo l’equilibrio millenario che esiste tra i virus e i loro ospiti naturali.