Rosa positivo, fulmine a ciel sereno
L’eroe lavisano delle Paralimpiadi ribadisce la sua incredulità. Ma non è il primo caso nello sledge hockey: nel 2014 Stella
TRENTO. Il caso della positività dell’hockeista Gianluigi Rosa alle recenti Paralimpiadi scuote il mondo dello sport trentino e nazionale. La reazione di fronte a quello che possiamo considerare il più classico dei fulmini a ciel sereno è l’incredulità.
Protagonista assoluto dell’ottimo torneo degli azzurri a PyeongChang, concluso con la delusione della sconfitta patita per mano dei padroni di casa della Corea del Sud (1-0) nella finale per la medaglia di bronzo, mitigata comunque da uno storico quarto posto (miglior risultato mai raggiunto da una squadra azzurra di sledge hockey alle Paralimpiadi), Gianluigi Rosa è tornato in patria da eroe, al pari dei pluripremiati corregionali Giacomo Bertagnolli e Fabrizio Casal, o quasi. Del resto, Pink Cadillac, com’è soprannominato a livello internazionale per il cognome ma anche per la slitta rossiccia che usava fino alla stagione scorsa, è il miglior giocatore della squadra azzurra, uno dei difensori più forti a livello mondiale. Del resto, lo sport – prima dell’hockey, il ciclismo, lo sci alpino e l’arrampicata – è stato uno dei “motori” della sua rinascita, assieme all’affetto della famiglia e della fidanzata, dopo il terribile incidente motociclistico che 12 anni fa richiese per il 30enne di Lavis l’amputazione della gamba destra e rischiò addirittura di costargli la vita. Dopo aver conquistato il Campanil Basso l’estate scorsa, al rientro dalle Paralimpiadi “Gigi” è stato protagonista di un’altra piccola, grande impesa: invitato dal Rotary Club di Crema e dall’associazione RinasciMenti, si è calato dalla torre pretoria del municipio della cittadina lombarda.
Ben più ardua la sfida che lo attende ora: dimostrare che la positività al Furosemide (un diuretico) riscontratagli in seguito ad un controllo effettuato proprio dopo la finale per il terzo posto dei Giochi di PyeongChang è frutto di un errore, di una contaminazione. In ogni caso, di non aver mai fatto uso di sostanze proibite, come ha fatto sapere già nella serata di venerdì tramite la sua legale, l’avvocato Serena Imbriani. Ieri, da noi contattato, Gianluigi ha preferito non aggiungere altro, ribadendo di essere sconcertato, di non sapersi spiegare quello che è accaduto. Attorno a lui si sono stretti i familiari – il padre Marcello, la madre Silvana, il fratello Franz, la fidanzata Veronica – sicuri che tutto si risolverà. Se confermata, la positività del lavisano – che ha subito chiesto le controanalisi e si è detto pronto a collaborare con la giustizia sportiva – non dovrebbe comunque avere conseguenze per la Nazionale.
Quello di Rosa non è, ovviamente, il primo caso di doping alle Paralimpiadi e neanche in seno alla squadra azzurra di sledge hockey. Positivo al Clostebol – un anabolizzante – alla vigilia dei Giochi di Sochi, nel 2014 aveva rimediato 18 mesi di squalifica Igor Stella.
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