calcio/l'intervista

Pierluigi Pardo, sulle tracce di Beppe Viola

Intervista al presentatore di Tiki-Taka che oggi sarà in Trentino per ricevere ad Arco il premio come giornalista sportivo


Luca Pianesi


TRENTO.Il calcio è il nostro gioco” è un titolo che sarebbe piaciuto moltissimo a Beppe Viola. E pazienza se davanti si trova un cocktail di parole onomatopeiche come “Tiki-Taka” divenute d’uso comune solo nell’ultimo decennio, da quando la Spagna e il Barcellona dettano legge su tutti i campi di calcio del mondo grazie alla loro fittissima rete di passaggi (il tiki-taka appunto). E, probabilmente, a Beppe Viola sarebbe piaciuto anche il giornalista scelto dalla giuria del Torneo Città di Arco (presieduta da Sergio Zavoli), quest’anno, per ricevere il premio a lui dedicato: quel Pierluigi Pardo presentatore proprio della trasmissione sportiva “Tiki-Taka, il calcio è il nostro gioco” (che va in onda il lunedì sera su Italia1), telecronista di punta di Mediaset e di videogiochi famosissimi tra i calciofili come Pes (fino al 2014) e di Fifa (da due anni).

Sarebbe piaciuto a Viola perché fu proprio lui, negli anni ’70, a tentare di smitizzare il mondo del calcio, raccontandolo con ironia e riportandolo a quella di dimensione di “gioco” (appunto) sul quale è anche possibile scherzare (Leggi la sua storia). «Sono contentissimo di ricevere questo premio - commenta Pardo - perché Beppe Viola, da ragazzino, era uno dei miei miti assoluti. E per me è sempre stato fonte di ispirazione. Quando nel ’63 mandò in onda il derby Milan-Inter dell’anno prima perché quello giocato quella domenica era stato inguardabile (lo stesso Viola lo definì «un derbycidio» ndr) fu una mossa eccezionale rimasta nella storia della nostra professione».

Ma la soddisfazione per Pardo è doppia: il suo nome, infatti, va ad aggiungersi nell’albo d’oro della kermesse dedicata al grande giornalista Rai, scomparso nel 1982 per un arresto cardiaco mentre stava montando il servizio di un Inter-Napoli di campionato, a quelli di Bruno Pizzul, Gianni Minà, Sandro Ciotti, Gianni Mura e più recentemente da Civoli, Dotto, Paris e tanti altri. «Vado ad aggiungermi a dei nomi pazzeschi - prosegue - non posso che essere felicissimo».

Viola è stato uno dei primi “dissacratori” del mondo del calcio. Te ti senti vicino al suo stile?

Io ci provo. Sdrammatizzare per me è una questione di identità. Non mi piace fare drammi su nulla, figurarsi sul calcio. Ho il gusto della battuta, mi piace scherzare e anche a Tiki Taka cerco di portare avanti un doppio livello, il cosiddetto alto e basso. E quindi alterniamo battute e gag, a riflessioni con ospiti importanti, politici (Renzi, Civati, Lara Comi sono stati tra gli ospiti in questi anni ndr), scrittori, giornalisti. Insomma ci rivolgiamo a un pubblico generalista ma cerchiamo di dargli anche qualcosa in più di uno show calcistico.

Se Beppe Viola cominciò, nei fatti, la sua carriera da cronista grazia anche a un colpo di fortuna (nel '63 dovette subentrare alla telecronaca di Carosio di Milan-Benfica, finale di Coppa dei Campioni, perché saltò il collegamento) anche te hai cominciato un po’ per caso.

Si è vero. Nell’estate del ’95 (aveva 21 anni ndr) ero a Londra per fare l’Erasmus e collaboravo già con un’agenzia di informazione sportiva, la Italpress. Ovviamente mentre ero in Inghilterra andavo a vedere un sacco di partite della Premier e poi un giorno, non mi ricordo chi (sorride ndr), mi ha detto che Tele+ stava cercando telecronisti. Ho registrato una mia telecronaca di Inghilterra - Scozia e ho mandato la cassetta a quella che è stata la prima pay tv italiana. Mi presero e da lì cominciai.

Tele+, prima. Poi Stream, le telecronache con Sky, Mediaset, i videogiochi e il calcio a fare da collante. Il segreto del tuo successo è la passione per questo sport?

Il segreto è che mi diverto un sacco. Mi piace quello che faccio e mi piace vedere che le persone apprezzano quanto realizzo. Per quanto riguarda il calcio, in realtà lo sport che mi piace di più è il basket. Lo trovo più divertente come gioco, anche se il calcio è straordinario perché con se si porta dietro un mondo. La beffa della sconfitta immeritata, la passione di popolo, l’energia che trasmette.

Ma su Wikipedia c’è scritto che giocavi a calcio. Non è vero allora?

No. E’ una fesseria della rete. C’è pure scritto che mi avevano soprannominato “Pardo il ghepardo” (risata ndr) probabilmente alludendo alla mia scarsa mobilità a causa della mia non perfetta linea. Non è vero. Da ragazzino giocavo a basket. Comunque quella con la dieta è una battaglia persa: mia moglie fa la pasticciera, anzi la cake designer. A proposito: dopo la premiazione (comincerà alle 17 nel Salone delle Feste al Casinò di Arco ndr) non è che poi rimaniamo a digiuno, vero?

A Beppe Viola sarebbe piaciuto sicuramente.

 













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