La storia

L’addio e la malattia: lo slalom più difficile di Francesco Romano

Dopo tre lesioni al ginocchio sinistro e altrettante esclusioni dalla Nazionale, ora lotta contro la leucemia


di Maurizio Di Giangiacomo


TRENTO. Francesco Romano aveva appena gettato la spugna, quando ha scoperto che l’attendeva lo slalom più difficile della sua vita. Quello contro una leucemia linfoblastica acuta di tipo B, che gli è stata diagnosticata nello scorso mese di ottobre. Con tre lesioni al legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro e altrettante dolorose esclusioni dal giro della Nazionale, il 25enne di Canazei pensava di averne passate abbastanza.

Basta con l’agonismo, addio Fiamme Oro: meglio una vita da normale agente della Polizia di Stato nella caserma di Moena e un diploma di maestro di sci da far fruttare in futuro, dopo aver ultimato gli studi di Farmacia all’Università di Urbino. Seguendo la strada già tracciata da mamma e papà, farmacisti genovesi portati dalla grande passione per lo sport e la montagna prima a Vermiglio e poi a Canazei.

La vita dell’ex campione italiano di slalom categoria Aspiranti nel 2008, talento dello Ski Team Fassa che ha bussato più e più volte, senza fortuna, alle porte del Circo Bianco, è cambiata in un attimo. «È successo ad ottobre – ci ha raccontato qualche giorno fa, ritrovate le forze dopo una pancreatite provocata dal secondo ciclo di chemioterapia – Mi sono sentito particolarmente fiacco. Sono uno che ama tenersi in forma e, anche dopo l’addio all’agonismo, ero abituato ad andare in palestra. Ma dopo dieci squat mi girava la testa. Ho promesso ai miei genitori che mi sarei sottoposto a delle analisi, ma poi sono tornato ad Urbino, preso dagli impegni universitari. Ai primi di dicembre sono tornato a casa e mia madre ha notato subito che ero pallidissimo. In effetti, facevo fatica a fare le scale. A quel punto le ho dovuto dare ascolto e sono andato al pronto soccorso di Cavalese, dove i medici hanno subito sospettato che si trattasse di una cosa molto seria. Da lì sono stato subito trasferito al reparto di ematologia dell’ospedale di Bolzano, dove la diagnosi è stata confermata e sono rimasto ricoverato fino ai primi di gennaio. Quando me l’hanno spiegato non volevo crederci, ho detto al medico che aveva preso in mano le analisi di qualcun altro. E invece...».

Invece la vita di Francesco è cambiata in un istante. E tutto è diventato relativo: le vittorie e le sconfitte, le gioie e le amarezze. C’è il prima ma soprattutto il dopo. «È stato un mese difficile, adesso mi sento di nuovo bene – racconta – sto facendo qualche passeggiata, anche per riprendere qualche chilo, perché quelli vanno giù che nemmeno me n’ accorgo».

Romano riesce ancora a guardarsi indietro, a pensare a quello che poteva essere e non è stato. Una carriera che sembrava l’escalation perfetta, dal vivaio dello Ski Team Fassa – dopo le primissime esperienze sugli sci da fondo dell’infanzia in Val di Sole – alla scalata al podio tricolore dello slalom: terzo nella categoria Ragazzi, secondo nella categoria Allievi, campione italiano tra gli Aspiranti.

A 19 anni gli si aprono le porte delle Nazionali, assieme al tesseramento da parte delle Fiamme Gialle. Ma, dopo una prima stagione in azzurro, è arrivata anche la prima esclusione dalle squadre azzurre. Francesco è tornato ad allenarsi con il gruppo sportivo della Guardia di Finanza e l’anno successivo è rientrato in Nazionale, sotto la guida di Matteo Ioris (tecnico valdostano, ora con gli svizzeri). Appena fuori dai primi 100 slalomisti del mondo, è 14esimo – con il terzo tempo della seconda manche – in slalom e decimo in combinata ai Mondiali Junior 2011.

Ma nella stagione successiva, quando si appresta a gareggiare per il secondo anno consecutivo in Coppa Europa, subisce la prima lesione al legamento crociato del ginocchio sinistro. E, assieme a quella, la seconda esclusione dalla Nazionale. Un brutto colpo, per fortuna compensato dall’arruolamento da parte delle Fiamme Oro, «per il quale sarò sempre riconoscente a Igor Cigolla», dice. Fiducia, quella della Polizia di Stato, ripagata dalla vittoria della Coppa Italia e da una nuova convocazione in Nazionale B. Ma il ginocchio sinistro fa nuovamente crack. L’operazione non riesce, Romano è per la terza volta escluso dal giro azzurro. E a quel punto, siamo alla fine del 2015, decide di mollare l’agonismo.

«Sono uscito dalla Fiamme Oro e sono rimasto nella Polizia di Stato – racconta – Ho prestato servizio in caserma a Moena per sei mesi, quindi mi sono sottoposto ad una nuova operazione al ginocchio. Quando stavo per recuperare, cominciando a pensare a un altro futuro, è arrivata questa nuova mazzata».

Il fassano, oggi, ha altro a cui pensare, ma le scelte prese sulla sua pelle dai responsabili delle squadre azzurre gli pesano ancora. «Io sono diventato maestro di sci, mi piacerebbe ottenere anche il diploma di istrutore, ma l’allenatore non lo farei mai. Dopo essere stato escluso dalla Nazionale in quella maniera, per tre volte, non li sopporto più personaggi che non sanno darti una spiegazione per scelte come quelle. I ragazzi come me dedicano la loro vita allo sport. Dopo l’ultima esclusione ho risposto che avrei lasciato lo sci, perché il comportamento che i tecnici federali avevano avuto nei miei confronti non rispondeva ad un filo logico: o credi in me, o non ci credi, inutile portare avanti questo tira e molla. E poi: se la Nazionale è una squadra non contano solo i tempi dei primi tre. Se punti su un atleta devi credere in lui, come faceva appunto Matteo Ioris, che con la Svizzera ha cresciuto Yule, Aerni e Schmidiger. E si sono rotti le ginocchia diverse volte anche loro».

Questo è il prima. Ma il “dopo” è sicuramente lo slalom più difficile di Francesco. «Data la complessità del mio cariotipo, dovrò fare il trapianto di midollo osseo – ci ha spiegato – Operazione che mi spaventerebbe assai, se non avessi a fianco una famiglia così forte e unita. Ma non potete immaginare l’emozione che mi danno gli amici che sono andati ad iscriversi all’Admo nella speranza di essere vitali per me o per altre persone che stanno rischiando di perdere tutta la bellezza che le circonda».

Amici e famiglia sono la cura grazie alla quale Francesco conta di guarire. «Posso contare ovviamente su mamma e papà, che non sono mai stati miei tifosi sfegatati, ma semplicemente contenti che io e i miei fratelli mettessimo passione nello sport e che questo ci desse gioia e soddisfazione. Sono sempre stati uniti di fronte a gioie e dispiaceri, questo mi dà un’ulteriore carica. E poi ci sono i miei fratelli: Filippo, che andava forte come me e ha dovuto abbandonare lo sci agonistico a causa di un linfoma di Hodgkin, ma che adesso è guarito, è vitale ed attivo, davvero un grande esempio per me; e Fulvio, che giocava a hockey nel Fassa ed ora studia assieme a me a Urbino».

La gara più difficile di Francesco Romano è appena iniziata. Noi, assieme a tanti altri, tifiamo per lui: ci siamo già dati appuntamento per un’uscita in bicicletta sulle strade delle sue amate Dolomiti.

Twitter: @mauridigiangiac

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano