Janes contro i maligni: «Venite a vedere quanto mi alleno»
A 60 anni batte i trentenni: «Favorito anche dalle circostanze. Il controllo antidoping? Non me lo hanno fatto»
TRENTO. Nove maglie iridate, trentanove tricolori. L’ultima della serie conquistata domenica scorsa al campionato italiano della salita con arrivo alle Viote del Bondone. Un guardaroba a dir poco invidiabile quello del classe 1955 Silvano Janes, che domenica ha sorpreso tutti andando a conquistare l’ennesimo trionfo della carriera amatoriale davanti a corridori che, carta d'identità alla mano, hanno la metà dei suoi anni.
«Va detto che ci sono state delle situazioni che mi hanno favorito – spiega Janes – I miei compagni di squadra nel gruppetto inseguitore che non tiravano e controllavano la situazione, senza dimenticare che eravamo una settantina al via e mancavano molti specialisti».
Fa comunque specie vedere un sessantenne suonarle a quelli che potrebbero essere tranquillamente i suoi figli.
«Non nego che, in mezzo a tanti complimenti, ho ricevuto anche qualche commento maligno. Per tanti sono uno da ammirare, altri invece mi chiedono se sia umano che un master 7 batta un master 1. Questi ultimi forse non mi conoscono: non sanno che è dal 1978 che corro e come mi alleno».
Quindi cosa si sente di rispondere ai maligni?
«Che vengano ad allenarsi con me. Chi mi conosce sa come e quanto mi alleno. Ho vinto tanto e ho sempre fatto tutti i controlli antidoping del caso».
Domenica è stato sottoposto al controllo antidoping?
«Doveva esserci, in quanto campionato italiano, ma non l’hanno fatto. Sinceramente mi aspettavo che ci fosse. Agli Italiani e ai Mondiali siamo sempre stati sottoposti ai controlli e spesso ne vengono fatti a sorpresa anche alle granfondo. Non a caso molti sono stati pescati in fallo».
Qual è l'elisir di eterna giovinezza di Silvano Janes?
«Non ho grandi segreti. Mi sono sempre allenato con i professionisti, in primis Gilberto Simoni e Martino Fruet, da cui ho imparato molto, anche sotto il profilo della metodologia. Ho le mie tabelle, mi alleno sei giorni alla settimana e cerco di fare dei lavori di qualità, basati sui watt. Faccio tanti sacrifici, sia sotto il profilo alimentare che dello stile di vita: i risultati non vengono da sé».
Qualcuno dice che va più forte ora rispetto al passato.
«Non direi: ho perso molto sia sotto il profilo della potenza che dei battiti cardiaci. Ora mi gestisco meglio, corro di meno e probabilmente qualche dote naturale la ho».
Quanto ci ha messo, domenica, a coprire i 20 km di salita del Bondone, presa dal versante di Garniga?
«Un'ora, secondo più secondo meno. Sono partito da lontano per avvantaggiarmi, perché alla mia età è preferibile salire regolari che a scatti. Sono salito cercando di andare mai fuori soglia, sviluppando tra i 350 e i 380 watt al massimo. Mi sono preparato bene per questa gara: so gli sforzi che fa il nostro “patron” Silvano Fontanari, senza il suo impegno, il ciclismo amatoriale trentino sarebbe già morto».
Un destino che, numeri alla mano, non sembra purtroppo lontano.
«Quando ho iniziato a correre tra gli amatori, eravamo in 250 al via della Trento-Ponte Alto. Ora ci si trova in 60. Sono subentrate le granfondo e la mountain bike».
Ha pensato al giorno in cui appendere la bici al chiodo?
«Ad agosto sarò ai Mondiali master di mountain bike in Andorra. Lì vorrei chiudere la mia carriera agonistica».
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