Basket Trento: Zivic, il guerriero ispirato da Cristo

Il capitano del Bitumcalor ha abbracciato la stessa fede di Kakà e Vissotto


Daniele Peretti


TRENTO. "Atleti di Cristo" è l'associazione (che poi, tanto per capirsi subito e bene, è la stessa di Legrottaglie, Kakà e dell'ex Itas Vissotto) della quale fa parte il Diego Zivic che non t'aspetti. Fedele della Chiesa Cristiana Evangelista, ha programmato il suo battesimo per la prossima primavera.
Intanto è il gladiatore d'area del Bitumcalor che come lui stesso afferma «non porge l'altra guancia, anzi, ma lo fa con la serenità e la calma che solo la fede può dare». Sorprendente. «La mia vita è divisa in due parti: nella prima ho vissuto al limite, ma ora, con la riscoperta di Cristo, ho cancellato tutti i miei peccati ed è arrivata la serenità. Non bestemmio più, sono molto più calmo e posso dire che per me è davvero iniziata una nuova vita».
Calciatore fino a quattordici anni (un buon terzino sinistro approdato anche alla rappresentativa regionale), poi i primi pallegggi nella Stephanel Trieste e l'inizio di una carriera che la porterà al professionismo.
Che significato dà al basket?
«Passione, fatica e sudore, ma anche il piacere di fare una cosa che piace al pubblico. Ho sempre aggiunto al mio ruolo tattico quello di trascinatore, giocando dando il massimo, perché è stupendo quando i tifosi si riconoscono in te».
Trascinatore, ma mai "bandiera" con tutte le squadre nelle quali ha giocato.
«Ci chiamano mercenari, ma io l'ho sempre fatto solo per trovare sia nuovi stimoli sia opportunità di crescita. Direi che sia stato un miglioramento costante sia personale che di squadra».
Con tante realtà diverse, non si è mai pentito della scelta?
«Mai, in tutte le squadre c'è sempre stato uno scambio reciproco di stimoli ed emozioni».
Mai sofferto di saudade?
«No. Ho lasciato Trieste a diciannove anni per Potenza e da lì è iniziato il mio girovagare per l'Italia sentendomi sempre parte integrante della realtà nella quale giocavo. Ho avuto la fortuna di trovare ovunque ambienti sani e puliti e trovandomi bene, era più difficile provare nostalgia».
Con una valigia sempre pronta è difficile costruire dei rapporti, è fidanzato?
«No, ma a parte la mia fidanzata storica con la quale sono stato per sette anni, non ho più avuto rapporti».
Come giudica Trento?
«Una città che mi piace, ma con molte potenzialità inespresse. A parte qualche locale, non ci sono molte proposte di divertimento, ma alla mia età si cercano ormai altre cose».
Il Bitumcalor vuole conquistare il pubblico, secondo lei è sulla buona strada?
«Adesso giocheremo altre due partite casalinghe consecutive inframezzate dalla trasefrta a Recanati dell'otto dicembre, che avranno tutte in palio il primo posto della serie A Dilettanti che abbiamo appena conquistato. E direi che non è poco. Il pubblico preferisce una squadra vincente e noi lo siamo ed andando avanti così non potremo che sfondare. Quello che mi piacerebbe sarebbe un'interscambiabilità tra il nostro pubblico e quello della pallavolo e penso che se "loro" vedono una partita di basket abbandonano il volley per uno sport come la pallacanestro molto più spettacolare e coinvolgente».
Meglio il tifo organizzato o quello spontaneo del PalaTrento?
«Un gruppo ultras sarebbe l'ideale per trascinare gli spettatori. Nel nostro caso dobbiamo fare da sostituti e trascinare il pubblico con la nostra grinta, col gioco veloce e la giocata spettacolare».
Il suo sportivo simbolo?
«Matteo Manassero, golfista emergente che per interpreta al meglio il ruolo di sportivo pulito ed in più pratica lo sport che amo di più dopo il basket».
Contro Perugia avete conquistato il primo posto ed il capitano Zivic ha scaldato squadra e pubblico.
«Zivic chiama e il pubblico risponde».













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