Il caso

Sinner, le motivazioni della Wada: «Caso unico, un anno di stop sarebbe stato troppo»

L’Agenzia mondiale antidoping spiega perché si è arrivati al patteggiamento (3 mesi di squalifica): «Il suo non era un caso di somministrazione diretta. Ribadito il principio di responsabilità dell’atleta verso il suo team»



ROMA. La Wada chiarisce le motivazioni del clamoroso patteggiamento di tre mesi di squalifica per Jannik Sinner per il caso di contaminazione da clostebol, dopo che la stessa Agenzia antidoping aveva chiesto al Tas una squalifica tra i 12 e i 24 mesi per il numero 1 al mondo. 

Il portavoce dell’Agenzia mondiale antidoping James Fitzgerald ha spiegato  che il caso Sinner è stato classificato come “caso unico” e che “un anno di stop sarebbe stato troppo”. “Abbiamo fatto ricorso al Tas per difendere l’importante principio di responsabilità dell’atleta verso il suo team ma quello di Sinner “non era un caso di somministrazione diretta da parte dell’entourage dell’atleta, ma di assorbimento transdermico perché il massaggiatore, all’insaputa dell’atleta, aveva trattato una ferita con un prodotto contenente clostebol”. 

La ricostruzione fatta dal team di Sinner è stata ritenuta “scientificamente plausibile e ben documentata”.

Dopo aver esaminato il dossier, la Wada ha quindi  deciso che in base alla difesa dell’atleta “la sanzione di un anno sarebbe stata troppo severa” e di proporre a Sinner il patteggiamento. Si è così arrivati ai tre mesi di squalifica. 













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