Smartphone in classe e agli esami “assolto” da presidi e genitori trentini: cambiare mentalità
Paolo Pendenza (Associazione presidi): «Superare la fase del controllo e della proibizione, la rete è uno strumento di lavoro e di studio». Paolo Freschi (Consulta genitori): «Il cellulare è uno strumento utile nella gestione e nel reperimento delle informazioni» (foto Ansa)
TRENTO. L'anno scolastico è in dirittura d'arrivo e la scuola trentina si prepara a celebrare gli esami finali, siano essi di maturità o di terza media, i primi in condizioni di "quasi normalità" da tre anni a questa parte. E mentre le scuole ingranano le marce nelle varie simulazioni d'esame, docenti e studenti si interrogano su quanto e in che modo il massiccio ricorso alla tecnologia (vedi alla voce "didattica a distanza") abbia cambiato il modo di fare lezione e di apprendere i contenuti didattici.
Nel corso degli ultimi tre anni scolastici, il ricorso alla teledidattica, allo schermo del computer, del tablet e dello smart-phone è stato una costante, "presidi" (con l'accento sulla prima "i") didattici ormai entrati nell'uso quotidiano. Ci si interroga allora se abbia ancora senso la proibizione assoluta degli apparecchi elettronici nel corso delle prove d'esame.
Chi viene pizzicato con il cellulare nel corso dell'esame rischia ancora l'annullamento della prova. Retaggio della mentalità che vede nel ricorso al cellulare e agli smart-phone, la prova inconfutabile che lo studente sta "copiando", sta "barando", cercando sulla rete o con l'aiuto di complici esterni le risposte ai quesiti d'esame. A scanso d'equivoci, le regole non sono cambiate e gli studenti che ricorrono all'aiutino tecnologico commettono una scorrettezza che stanti le attuali regole non va condonata.
Ma è lecito porsi la domanda: la proibizione del cellulare ha ancora senso in un mondo in cui ogni informazione è reperibile su internet (informazioni vere e soprattutto false...) ed è probabilmente più produttivo dimostrare di saper usare criticamente e con competenza le informazioni disponibili online? Ne abbiamo parlato con il presidente dell'Associazione presidi Paolo Pendenza e con il presidente della Consulta genitori per la scuola trentina Maurizio Freschi.
«L'atteggiamento verso i dispositivi elettronici in classe è cambiato, - riflette il preside Pendenza - Non sono considerati più solamente come strumenti per distrarsi o copiare, ma anche preziosi aiuti per la didattica. C'è addirittura un nuovo filone di didattica, detto "Byod", "bring your own device", "porta il tuo proprio device", in ambito scolastico, teso a sdoganare l'uso delle apparecchiature elettroniche personali». Una nuova prospettiva sulla didattica che per Pendenza, ha «decisamente più senso»: «Serve un atteggiamento educativo verso l'uso degli strumenti elettronici, in grado di farne comprendere le potenzialità e riconoscere i rischi - commenta Pendenza - Anche perché se non è la scuola ad educare ad un uso consapevole dei device, nessuno aiuterà lo studente a farlo. Ed è un vulnus verso l'educazione dei ragazzi: si affacceranno ad un mondo del lavoro dove queste competenze sono ormai richieste dappertutto».
Pendenza ha sottolineato come le regole vigenti contemplino ancora l'annullamento dell'esame dello studente sorpreso a copiare: «Se nel corso dell'esame si scopre che uno studente sta copiando, dai classici bigliettini o dal cellulare, l'esame viene annullato, c'è molto rigore - evidenzia il preside - Ma il mio auspicio è che si arrivi nel prossimo futuro ad esami che possano essere svolti con l'utilizzo libero e trasparente di internet. Lo studente deve dimostrare di saper elaborare in modo critico e personale le informazioni che trova online».
Pendenza auspica perciò un cambio di mentalità: «Bisogna superare la fase del controllo e della proibizione, favorendo la responsabilizzazione degli studenti, in quanto la rete è uno strumento di lavoro e di studio». Insomma, superare la concezione dell'esame come semplice verifica delle conoscenze, optando invece per una verifica più larga delle competenze complessive, digitali oltre che didattiche e metodologiche, degli alunni.
Anche il presidente della Consulta genitori Maurizio Freschi si dice consapevole della necessità di riformare la didattica tenendo conto delle nuove consuetudini tecnologiche: «Si dovrebbe lavorare molto sull’insegnamento all’utilizzo di questi strumenti per fini che non devono avere solo una caratterizzazione ludica o ricreativa, ma possono anche avere delle funzioni estremamente utili nella gestione e nel reperimento delle informazioni». Freschi ha notato un incremento significativo dell'uso dei device elettronici proprio a causa della prolungata emergenza che ha sfavorito la didattica tradizionale: «Nel corso della "dad", abbiamo assistito al massiccio ricorso agli strumenti elettronici anche da parte di alunni delle scuole primarie, a cui prima questo uso veniva "vietato" dalle famiglie. L'età dell'accesso ai device si è abbassata tantissimo».
Un uso massiccio che ha abbassato le difese degli studenti nei confronti dell'uso improprio delle tecnologie collegate alla rete: «Si è passato dalla sanzione dell'uso dei device, ad un certo lassismo, anche nel caso di un uso non didattico di questi strumenti», indica Freschi, che sembra temere le conseguenze del "fai da te" degli studenti, vist'anche la disapplicazione delle regole consuete: «Sarà difficile fare un passo indietro, anche perché c'è un significativo gap tecnologico tra i genitori e i figli. Noi genitori non siamo nativi digitali, mentre i nostri figli hanno abilità raffinatissime. Questo rende molto difficile la supervisione da parte dell'adulto».
Per Freschi è centrale saper distinguere tra un uso costruttivo delle tecnologie ed uno, in mancanza di altri termini, furbesco o fraudolento: «Oggi il problema non è più solo il cellulare. Magari lo studente consegna il cellulare prima dell'inizio della prova d'esame, però poi indossa uno smart-watch (un orologio collegato alla rete, ndr) capace di collegare lo studente all'esterno e che può facilmente passare inosservato ai docenti e ai membri delle commissioni».
Insomma, al netto delle potenzialità di questi dispositivi, il cui uso è ormai imprescindibile e a cui è bene che la scuola educhi, l'interrogativo rimane: basta uno smartphone collegato ad internet e un auricolare bluetooth senza fili, pressoché invisibile, da inserire nell'orecchio ed ecco servito il "crimine perfetto" per i copioni. Alla faccia di tutti quegli studenti che ancora fanno lo sforzo di piegare la schiena sui libri!