Braccialetti e chip, al via la rivoluzione delle neurotecnologie
Con braccialetti, fascette orologi, stanno aumentando ineurodispositivi non invasivi in grado dileggere le onde cerebraliproposti per il training cognitivo, la meditazione o per i giochi online; nello stesso tempo entrano nel vivo lesperimentazioni condispositivi impiantabilicome ichip: prepararsi a questo futuro,pensando fin da ora a possibili regole, è quanto sta facendo il mondo della ricerca.
"C'è unarivoluzione in corsoche hapotenzialità enormiper la clinica", ha detto all'ANSA Antonino Cattaneo, della Scuola Normale Superiore, presidente dell'Istituto Europeo per le ricerche sul cervello (Ebri) e fra gli organizzatori del convegno che l'Accademia Nazionale dei Lincei ha dedicato a questo nuovo scenario.
"L'obiettivo è trovare un delicatoequilibrio frausi clinicieneurotecnologie orientate al consumatore", ha osservato. "Come per tutte le tecnologie, è importante creareconsapevolezza nella società.Non si tratta di mettere limiti alla ricerca, ma di favorirla in tutti i modi possibili, alla luce di una diffusa consapevolezza degliusi responsabili".
Delle recenti sperimentazioni sull'uomo dei chip impiantabili ha parlato Joseph O'Doherty, che lavora alla Neuralink di Elon Musk. Restituire alle persone colpite da paralisi la possibilità di muoversi, provare sensazioni e una certa indipendenza è l'obiettivo di queste interfacce cervello-computer. Quelle della Neuralink non sono le uniche sperimentazioni in corso basate su chip impiantabili, e perciò di tipo invasivo. In tutti i casi, ha rilevato Cattaneo, "la speranza è che,attraverso la decodifica dei segnali cerebrali, queste tecnologie possano riuscire aprodurre il movimento in pazienti tetraplegici. L'idea - ha aggiunto - è che imparare a decodificare i segnali cerebrali può aiutare a utilizzarli per rivoluzionare la vita di pazienti".
In sostanza "si potrebbeutilizzare il linguaggio interioreper far comunicare un paziente che con la sua voce non potrebbe farsi capire", ha detto ancora Cattaneo, osservando come in questo potrebbero dare un grande contributo sistemi di intelligenza artificiale.
"E' chiaro, ha proseguito l'esperto, che "essere in grado di decodificare segnali interiori hapotenzialità per applicazioni non medicheenon invasive", come sta accadendo per molti dispositivi in grado di leggere le onde cerebrali".
E' unoscenario da considerare con attenzione, prima di tutto alla luce dell'evidenza scientificalegata ai chip e agli altri neurodispositivi e poi perché "i segnali cerebralisono lanuova frontiera della privacy. Finora sono stati lafortezza della riservatezzadegli esseri umani e la nostramente è stata la base della nostra libertà, ma nel momento in cui impariamo adecodificare questi segnalisarà opportuno darci delle regole", ha detto ancora Cattaneo. Bisognerebbe domandarsi, per esempio,come vengono conservati e utilizzati i datimentali registrati da questi strumenti. Per questo, ha concluso, "bisogna cominciare a ragionare su una tecnologia che ci accompagnerà nei prossimi anni".