Il Trentino nella Grande Guerra: la bolgia di Leopoli
Le ostilità infuriano sui campi di battaglia. Lungo il fronte in Galizia si combatte come in una bolgia, con i giovani trentini in prima linea, molti finiti nelle fosse comuni attorno a Leopoli.
Le ostilità infuriano sui campi di battaglia. Lungo il fronte in Galizia si combatte come in una bolgia, con i giovani trentini in prima linea, molti finiti nelle fosse comuni attorno a Leopoli.
Il Trentino festeggia il nuovo papa, Benedetto XV, ma le prime pagine dei giornali sono monopolizzate dalle notizie della guerra. I trentini cominciano a conoscere nomi che in futuro segneranno la storia di molti soldati, come la Galizia. Dal fronte arrivano le testimonianze dei combattenti, ma soprattutto i morti e i feriti, che affollano i treni in arrivo alla stazione di Trento.
Le armate si muovono rapide in tutta Europa. Gran parte dei soldati mobilitati in Trentino sono inviati ai piedi dei Carpazi, subito rinominati "monti Scarpazi", sul fronte orientale. Pochi dei circa 60mila trentini arruolati combatteranno contro le truppe italiane. I loro diretti avversari furono i russi. Più che sul Carso morirono nelle pianure orientali.
Cesare Battisti ha fatto la sua scelta e da Trento ha scritto al re Vittorio Emanuele, che pure non amava: un appello per liberare «un popolo gemente sotto tristissimo triplice giogo». Il sentimento di italianità, scrive Battisti, è «sangue del sangue di tutto il popolo». È, per Battisti, il definitivo addio alla pace e all’antimilitarismo. Intanto l’Europa precipita nell’incubo di un conflitto globale.
L’Europa piomba nel turbine della guerra. Che diventa anche guerra di informazione. Le pagine del giornale “Il Trentino” vengono affisse agli angoli delle strade. I bollettini entusiastici si susseguono. La dichiarazione di neutralità italiana viene accolta con amarezza in Austria.
In Trentino, alle famiglie dei richiamati, destinati al fronte, vengono assicurate delle sovvenzioni. Il papa, Pio X, sollecita i cristiani a pregare per la pace. Alcide Degasperi invita a seguirne l’appello. Ma la guerra russo-tedesca è già cominciata, mentre Francia e Inghilterra si apprestano a scendere in campo.
Poche settimane dopo l’attentato di Sarajevo, il re Vittorio Emanuele III nomina un nuovo capo di stato maggiore: è il generale Luigi Cadorna. È l’uomo che manderà al massacro, nei combattimenti in trincea, una generazione di italiani. In Trentino continua l’affluenza in città dei richiamati: non solo uomini, ma anche muli e cavalli.
A Trento la stazione è una delle mete domenicali per la città: ci si va per passeggiare, per vedere i treni e per fantasticare sui viaggi impossibili. Ma adesso la stazione diventa il simbolo della mobilitazione, e i treni viaggiano verso l’ignoto e verso il pericolo, lontano da casa.
I contadini devono abbandonare la terra, le donne li piangono, la guerra li aspetta. La prima tappa è una grande caserma di Innsbruck, dove si uniscono uomini e lingue.
Il giornale “Il Popolo” è il più chiaro di tutti e titola: la parola è al cannone. In tutte le città e in tutti i paesi viene esposto il manifesta imperiale con la dichiarazione di guerra. L’Europa si mobilità in vista della guerra che segnerà il Novecento.
EPISODIO 1 L'attentato di Sarajevo
EPISODIO 2 Tre colpi nel nome del nazionalismo
EPISODIO 3 La notizia di Sarajevo scuote anche Trento
EPISODIO 4 Lo spettro del conflitto
EPISODIO 5 L'ultimatum alla Serbia
EPISODIO 6 Il partito della guerra
EPISODIO 7 La guerra di espiazione
EPISODIO 8 Degasperi e Battisti seguono la crisi
EPISODIO 9 Gli ultimi giorni di pace
EPISODIO 10 Mobilitazione in Europa
EPISODIO 11 Rullano i tamburi
EPISODIO 12 Una selva di baionette
EPISODIO 13 L'ora della leva di massa
EPISODIO 14 Sul Danubio echeggiano i primi spari
EPISODIO 15 Tra fedeltà alla Triplice ed entusiasmo irredentista
EPISODIO 16 Cambia l’Europa, cambia il mondo