siccità

Manca l'acqua sui ghiacciai e i rifugi chiudono. Il caso del Gonella sul Monte Bianco

L’amarezza del gestore Davide Gonella: «Montagna e struttura impraticabili»



ALPI. La siccità colpisce anche a 4000 metri, le riserve idriche calano, i rifugi cessano in anticipo le attività. È quanto successo ad esempio al rifugio Francesco Gonella sul Monte Bianco, che quest'anno chiuderà a tempo record, domenica 17 luglio.

Ma l'allarme, secondo il presidente del Cai Torino Marco Battain, proprietario della struttura, riguarda tutti i rifugi sull'intero arco alpino.

«Anche le nostre strutture situate a quote più basse sono nella stessa situazione - ha riferito al sito web Tuttomontagna Battain - parlo di rifugi turistici a tutti gli effetti, che si raggiungono in automobile e che hanno fatturati importanti».

Il Cai Centrale, riferisce Battain, ha recentemente stanziato una cifra significativa per tamponare l’emergenza, ma il lavoro da fare sarà più a lungo termine.

«Ho annunciato che domenica chiuderemo – riferisce a Tuttomontagna Davide Gonella, gestore del celebre rifugio lungo la via italiana di salita al Monte Bianco – perché il nevaio da cui captiamo l’acqua sanitaria del rifugio è ormai sciolto quasi del tutto e non ci consente di alimentare la cucina e i bagni».

Il rifugio, situato in Val Veny a 3071 metri di quota, è punto di riferimento per i visitatori del maestoso ghiacciaio del Dôme. Ma da qualche anno le chiusure a causa di siccità sono sempre più frequenti. Nel 2017, il rifugio aveva chiuso le attività il 31 luglio. Cinque anni dopo, il caldo ha divorato altre due settimane di attività.

Negli ultimi giorni, Gonella ha dovuto portare acqua e scorte alimentari in quota in elicottero. Il caldo asseta gli escursionisti, ma non c'è acqua potabile a sufficienza per accogliere vasti gruppi nonostante gli investimenti passati e l'interesse crescente turistico.

La siccità, spiega il gestore, procede di pari passo con lo scioglimento della neve sul ghiacciaio che espone larghi pezzi di ghiaccio vivo in superficie rendendo le normali salite impraticabili. «In queste condizioni non ci prendiamo la responsabilità di mandare gli alpinisti incontro a pericoli eccessivi» conclude Gonella.

 

 

 

 

 

 













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